Donato Zoppo

Addio alla giovinezza: le poesie di Claudio Sottocornola
Tanto per mettere le cose in chiaro, questa non è una recensione. Si tratta di poesie, non ne sono all’altezza, al massimo posso chiacchierare di musica e amenità varie davanti ad una bella birra con i Rolling Stones in sottofondo. Consideratela una confidenza. E se siete proprio delle personcine discrete che non vogliono ficcare il naso nelle altrui riflessioni, consideratelo un racconto. Che ha inizio con un bell’incontro.

Mi considero davvero fortunato, visto che mi capita sempre di conoscere persone interessanti, deliziose, che oltretutto mi insegnano anche qualcosa di importante. Uno dei più recenti incontri è avvenuto con Claudio Sottocornola. Personaggio intrigante, con quel cognome un po’ da Hobbit della Contea e quell’origine bergamasca che ormai – per amore, amicizie, interessi e altro – mi sta sempre più a cuore… e pensare che è un professore, categoria dello spirito con la quale ho sempre avuto un noto rapporto di antipatia, e mentre lo sto scrivendo nella mia capoccia da ultimo banco si rincorrono i fotogrammi dei filmacci anni ’70 con Alvaro Vitali che accende le miccette sotto al culo del prof. di matematica, sublime delizia per noi cinefili dal palato fine. Però Claudio è un soggetto autenticamente creativo, un moderno uomo rinascimentale, personificazione della sintesi delle arti: filosofo, cantante, autore di collages e opere grafiche, poeta, docente di Storia della canzone (oltre che di Storia e Filosofia al liceo), autore di popolari “lezioni-concerto” in cui divulga ed esprime il meglio del pop-rock italiano. Impossibile per me non andare d’accordo con figure così poliedriche. Ma soprattutto, Claudio è un interprete. Anzi: un medium. Ma concedetemi uno sfizio: quanto mi piace chiamarlo “filosofo del pop”…

Punto di collegamento tra diverse aree del sapere, diverse forme espressive, diverse dimensioni comunicative, Claudio mi chiese di scrivergli una nota critica su un cd antologico che avrebbe pubblicato nel nuovo libro sul quale era al lavoro. Premessa: dopo anni di studio sulla canzone d’autore, Claudio è passato “dall’altra parte della barricata”, si è cimentato infatti con la musica e ha pubblicato tre cd in cui ha interpretato i classici da lui studiati, facendo un lungo lavoro sulla voce, sull’ermeneutica, sulla teatralità, mettendo l’accento sull’enfasi nel canto. Un lavoro degno di apprezzamento, perché nato da un lungo e approfondito percorso di analisi della canzone “pop” come somma espressione dello spirito contemporaneo. “Filosofo del pop”, e pour cause: dietro il progetto della trilogia L’Appuntamento, c’è una concezione “forte” sui tempi del “pensiero debole”, su questa fine del “secolo breve” che Claudio valuta alla luce delle sue caratteristiche più lampanti. La progressiva perdita di identità, l’omologazione, la scomparsa del rito e del merito in favore di una realtà impostata sul “tutti possono fare tutto”, la frammentazione del sapere, la perdita di valori e di un “senso” che dia “sostanza” alla vita e alle esperienze: tutto ciò è analizzato e interpretato da Claudio, prima in veste di filosofo, ora anche nel ruolo di cantante, che riprende brani famosi della nostra storia pop (Mina, Gianna Nannini, Venditti, Mango, Modugno, Ruggeri etc. etc.) per raccontarla, diventando un canale tra la composizione e l’ascoltatore contemporaneo. Un lavoro di alta – quanto provocatoria e spesso trasgressiva – interpretazione. Ho accettato volentieri di stilare per lui una nota critica sulla sua opera musicale, e queste mie righe ora fanno parte del suo nuovo libro: Giovinezza… addio – Poesie (1974-1994), Diario di fine ‘900 in versi, edito da Velar Edizioni.

Come accennato, Sottocornola è anche poeta. Cominciò a scrivere nella prima metà degli anni ’70 e ha proseguito per tutta la sua vita, componendo in parallelo ad una “macrostoria” che cambiava, che lo influenzava e dalla quale egli stesso cercava di ripararsi, chiudendosi nella sua intimità. Il lunedì di Pasqua del 1994, giorno-chiave per la sua intera esistenza artistica, Claudio ha deciso di riprendere e selezionare tutta la sua produzione poetica. Il motivo? Una riflessione sulla giovinezza scomparsa, sull’inesorabile cambiamento che accomuna tutti noi, e che è testimonianza di questa vita incerta e misteriosa, e dello scorrere del tempo. Quasi con la voglia di fermarlo e segnare su carta impressioni, visioni, pensieri, desideri e aspirazioni, Claudio ha cominciato a scrivere, inizialmente influenzato da quell’ermetismo (Montale in particolare) che non lo lascerà mai, pian piano poi è arrivato ad uno stile personale, con la parola che si fa simbolo e si carica di un potere evocativo e illuminante, anche nelle liriche-collage sugli anni ’80, sull’America, sulla frenesia del traffico cittadino, su ingenui miti di gioventù come Rita Pavone.

La raccolta di poesie che Claudio ha compilato 14 anni dopo quel lunedì in Albis è un’efficace fotografia della sua personalità, della sua statura artistica: la religiosità (cattolica ma fortunatamente interconfessionale e non dogmatica) si fa sentire nell’esigenza di purificazione, in un senso tutto suo del bene, del peccato e anche del Karma; la difficoltà di affrontare la solitudine, la scomparsa di figure di riferimento come il padre; il senso dell’arte, della cultura, della musica; il progressivo passare dall’idealismo post-sessantottino (altro elemento che ha segnato l’autore) ad un’epoca in cui “forma e superficie” diventano il motore scatenante di pensieri e azioni. Segnalo anche l’introduzione firmata dall’artista Luca Catò, che prepara il lettore ad attraversare un percorso che richiede attenzione, calma, e che può dare tanto se affrontato con lo spirito giusto e con una predisposizione all’ascolto. A testimonianza dell’eclettismo di Claudio, il cd allegato L’Appuntamento/The collection e la nota critica del sottoscritto danno una traccia ulteriore all’opera: il frutto di un uomo di cultura moderno, figlio del ‘900 ma “antico” – e per questo da seguire – per la mole di interessi e per l’approccio allo studio e alla comunicazione.

Non so se è la più significativa per Claudio, né se si tratta della più rappresentativa tra quelle che compongono Giovinezza… addio, ma c’è una poesia che vorrei segnalarvi. Si chiama Tumulto e fu scritta nell’agosto del 1974. Un vero e proprio carpe diem, un cogliere l’attimo, un hic et nunc catturato da parte di un quindicenne, che a mio avviso dà un’intera direzione all’opera. Nell’evocare la giovinezza come momento spirituale – non tanto anagrafico – fatto di desideri, aspettative, lavoro interiore di apprendimento e preparazione alla fatica, di spensieratezza e di ribellione, di introversione e narcisismo, Claudio qui colse un segno del suo presente, una sorta di malinconica immediatezza che, almeno su di me, esercita un doloroso fascino:

Tumulto

Campagna all’imbrunire
lo sferragliare d’un treno
dai finestrini accesi

risuonano i miei passi
sotto il ponte.

Agosto 1974

Transonanze.splinder.com, 23 giugno 2008

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