Enrico Terzi

Giovinezza e poesia alla fine di un millennio
“Il Lunedì di Pasqua di quello stesso anno decisi di selezionarle, le mie poesie, ma soprattutto di rintracciarne il possibile corso, la direzione, i cambiamenti, gli snodi e le variazioni, i superamenti … E nacque ‘Giovinezza…addio. Diario di fine ‘900 in versi’, che evoca la storia di un passaggio – il mio – da una lunga giovinezza (i miei 15 anni) all’età adulta (i miei 35 anni) sullo scorcio di una fine di secolo che è anche fine di un millennio”.
Così Sottocornola presenta la sua opera nell’introduzione, rendendo in poche righe la complessità e l’articolazione che si scopriranno solo dopo un’attenta lettura. Il prosimetro – raccolta di poesie e testi in prosa – si snoda su un arco di tempo di 20 anni e vede come protagonista-narratore l’autore stesso, che finisce, a mio avviso, con l’assumere il ruolo di ragazzo “ideale” di quel tempo. Si tratta di un periodo travagliato, ricco di eventi storici e sociali rilevantissimi (dal post-’68 alla caduta del Muro di Berlino), e ognuno di questi ha una sua eco più o meno spiccata nelle poesie. Inoltre il periodo è cruciale per l’umanità intera, in quanto fine di secolo e di millennio, che registra il cambiamento di tradizioni che si tramandano da anni, e nuove invenzioni che cambiano la vita (si pensi al computer, per esempio). Le predette situazioni sono incatenate ad eventi personali nella vita dello scrittore, legati alla sua crescita, alla sua formazione, e alle sue prime attività lavorative, nonché ai suoi affetti.
Tutto culmina, come riportato nell’introduzione, nel Lunedì di Pasqua del 1994, anno in cui Sottocornola percepisce la fine di un’era e decide di “fare qualcosa”, adoperarsi per lasciare una traccia scritta e personale, impiegando le poesie che aveva lungamente scritto. Da ciò, dopo una selezione accurata, nasce questo Diario, diviso in sezioni, ognuna delle quali recante uno specifico e globale tema, via via riscontrabile nelle poesie che seguono.
È nello stesso giorno che l’autore scrive anche i commenti, o prefazioni, che antistanno ad ogni capitolo della raccolta. “Per la verità – specifica Sottocornola – la scelta dei brani e la loro organizzazione segue un criterio al tempo stesso cronologico e tematico…”. Probabilmente, ricorda egli, “…se dovessi oggi raccogliere le poesie che ora pubblico, forse non riporterei la medesima partizione…”.
Addentrandosi più profondamente nella struttura concettuale dell’opera, questa appare tutt’altro che un semplice accostamento di poesie riferite a temi specifici e raggruppate sotto grandi filoni, quanto piuttosto un vero e proprio “romanzo di formazione”, che accompagna il lettore da un lato, e il protagonista dall’altro, in un viaggio lungo 20 anni alla ricerca di sé, dell’amore, dell’anima…
È questo infatti il fine predominante: la ricerca, il viaggio, la scoperta, la profondità, dipanate in scenari e momenti differenti, influenzati dalle rispettive culture. Dichiara infatti Sottocornola “Non distinguo cultura alta e cultura bassa, hanno entrambe un valore e hanno entrambe qualcosa da insegnarci: non importa se la nostra aula è quella di un’università o le corsie di un supermercato, perché come dicevano i filosofi medievali ‘Ogni ente in qualche modo ha in sé qualcosa di bello, di buono e una parte di verità, dal granello di polvere alla totalità del tutto’, sta solo a noi riuscire ad abbandonare pregiudizi culturali e scoprirlo”.
Proviamo a ripercorrere a grandi linee eventi significativi del viaggio…
Le prime poesie, come riassunto nel commento che le introduce, appaiono semplici, istintive, essenziali, e tratteggiano a colpi di penna sentimenti effimeri ma significativi di un ragazzo di 15 anni, ad esempio “Triste Gaia”, in cui è descritto l’arrivo di un’insegnante supplente a scuola, o “Quasi sera”, in cui il panorama naturale è commisto alle “dolcissime auto” del traffico urbano. Altre poesie sono più ricercate, affrontano temi più complessi, come “Non giacere più”, in cui nel nome di David si struttura una riflessione su un nuovo modello antropologico.
Irrompe una delle poesie che mi ha colpito di più, “Arruolamento”: in essa si denuncia uno “Stato (che) bandì il senso del pudore” e si stigmatizzano coloro che “ci promisero amore tra ‘l verde marcio delle baionette” e “poi ci lasciarono bianchi a raccogliere i nostri quattro Wranglers and Levis”. È evidente il senso di costrizione e di impotenza di un giovane che ha a che fare con la leva militare, tanto che la poesia conclude, malinconicamente, “Ma io quel giorno/vestivo a lutto”.
La morte del padre dell’autore ispira una sezione specifica del libro, a testimonianza della scossa morale che gli ha impresso. È in questa sezione che appaiono i grandi temi legati alla vita e alla morte, come in “La vita (amore, morte, dolore)”.
La breve sezione intitolata “Preghiera” è più una consegna, un affidamento alla preghiera come mezzo ristoratore e pacificatore di un giovane che si affida al proprio intimo e al proprio credo per trovare la forza di proseguire.
Vi sono poesie che risentono dell’influenza consumistica di fine ‘900, e richiamano termini inglesi o nomi di note marche internazionali, oppure più semplicemente descrivono un sabato pomeriggio in un centro città caotico e lampeggiante, colto attraverso la vetrina di un bar che filtra il paesaggio urbano alla vista dell’osservatore.
L’importanza della musica e dei musicisti (alcuni veri idoli per l’autore) – che proseguirà anche oltre la stesura delle poesie, nell’attività professionale di Sottocornola – si evince da alcune liriche, una delle quali è ispirata da un concerto di Michael Jackson a Milano, mentre un’altra dalla visita a Rita Pavone in Svizzera.
La poesia, così come la musica e la filosofia, sono in conclusione ambiti espressivi congeniali a Claudio Sottocornola, che tenta di trasferire questo approccio interdisciplinare e interculturale anche nelle sue lezioni agli studenti, evadendo dagli schemi rigidi di lezione frontale e nozionistica tipici di tanta scuola italiana (soprattutto in alcune materie).

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