Alberto Marengoni

Le fotografie di “Mythos”

Le fotografie di “Mythos”, scattate da Claudio Sottocornola con un proto cellulare, sono – per scelta – tecnicamente dimesse e spesso sfocate, così come ormai appare il paesaggio urbanizzato che si percorre in automobile con rassegnazione e impazienza.

Come il tessuto produttivo e sociale, anche la città, o quella che per convenzione è identificata come tale, nella contemporaneità non si rispecchia più in quei codici a cui la nostra generazione era stata abituata. Nello specifico queste prime fotografie rappresentano una marginalità; sono esemplari dell’estrema disattenzione per la qualità architettonica che caratterizza le periferie, ma ciò nonostante il velo dell’oscurità e il gioco delle luci artificiali ne restituiscono un’immagine non priva di fascino e di celata poesia.

Il richiamo ai paesaggi urbani di Sironi è quasi automatico.

D’altro canto il concetto di “bello” nell’accezione accademica del termine, è una nozione che sopravvive perlopiù nelle periferie culturali e nell’ambito scolastico.

Se è innegabile che una certa qualità urbana e architettonica sopravvive nei centri cittadini, grazie alle preesistenze storico-monumentali, e nelle aree pedonalizzate, nonostante i buoni propositi di alcuni PGT, tutto il resto del territorio appare come un puzzle confuso, qualitativamente eterogeneo e privo di identità, ove le uniche valenze, sottolineate con enfasi dal mercato immobiliare, sono connesse agli aggettivi “commerciale” e “residenziale”.

Bisogna prendere atto che lo spazio urbano non è più di per sé un motivo di aggregazione sociale, che alla vicinanza fisica si sia sostituita la connessione tramite i social e che l’unico luogo di ritrovo spontaneo degli adolescenti siano, oltre ai centri commerciali, i fast food dotati di ampi parcheggi.

Nel caso specifico qui è il quartiere di Colognola, teoricamente un borgo all’estrema propaggine di Borgo San Leonardo, già separato dal centro cittadino dal tracciato ferroviario e poi definitivamente isolato dalla trafficatissima circonvallazione che, oltre a rappresentare una reale barriera fisica (un vero e proprio fossato), ne ha sicuramente creato una di natura percettiva. Anche la sua fruizione viaria in direzione di Milano, con la costruzione dell’autostrada, si è persa.

In altri tempi questa condizione avrebbe potuto essere l’opportunità per recuperare una propria autonomia e quindi una propria identità, ma probabilmente questa occasione è andata perduta.
Vi è però da considerare che i luoghi, a prescindere dagli elementi architettonici dal valore simbolico o formale, acquistano una valenza ben diversa per chi lì vive nella quotidianità e lì ha stratificato i propri ricordi. A maggior ragione se – come Sottocornola – si dota di strumenti esegetici atti ad evocarli.

Nonostante ciò anche per me, distratto guidatore diurno nell’astratto silenzio notturno, nell’insieme di banali e disordinate costruzioni, viene spontaneo immaginare che oltre quelle poche finestre illuminate, quelle insegne di bar ancora accese, scorrano delle esistenze e si consumino piccoli riti quotidiani. Per me, che non mi sono mai riconosciuto in quella che viene definita normalità, quegli interni casalinghi assumono magicamente un fascino rassicurante.

Nello scorrere le immagini il passare repentinamente dall’hinterland lombardo alla costa ionica, costretto ad un salto spazio-temporale potrebbe risultare traumatico, se non fosse che lo sguardo ermeneutico – quasi non intenzionale – degli scatti fotografici, ne restituisce una medesima cifra stilistica.

Le considerazioni di natura sociale e urbanistica, potrebbero, anche nel caso di Locri, essere probabilmente sovrapponibili, ma, è banale sottolinearlo, la presenza del mare crea un’incolmabile distanza.

Nelle foto lo sguardo si rivolge inevitabilmente ad esso, pur attraverso l’elegante gioco delle fronde di un oleandro.
Ancora una volta l’oscurità avvolge e attenua la percezione tra il mondo finito e infinito, tra il mondo materico e lo spazio dell’orizzonte, senza una vera e propria soluzione di continuità tra gli elementi.

Spesso la solitudine di una passeggiata notturna, può regalarci una visione privilegiata su quell’insieme di cui facciamo inevitabilmente parte e che fa parte di noi; il bisogno di custodirla tramutandola in immagini, seppur sfocate, fa parte della nostra identità culturale più profonda, e Sottocornola ne diviene con le immagini non convenzionali di “Mythos” l’ideale interprete.

Alberto Marengoni*
*Architetto, grafico, docente di storia dell’arte e di storia del costume, esperto ambientale. Autore e illustratore nel settore zootecnico e dei giardini, ha collaborato con le Edizioni Enci, De Vecchi, Altea e Castel Negrino. Ha prodotto acqueforti esposte nella mostra “Il bestiario immaginario” al Palazzo della scienza e della tecnica dell’Eur.

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