La spiritualità eucaristica di Charles De Foucauld nella sua vita

Attualità di una ricerca

Non è facile accostare la figura di Charles de Foucauld e comprenderne subito lo spessore umano e spirituale. Per molti versi, egli rimane un enigma: nessuna definizione sembra adeguato a definirlo. Non può essere considerato un monaco o un eremita nel senso che questi termini assumono tra l’Ottocento e il Novecento. Certo, vive sempre in solitudine, alla Trappa di Akbès, a Nazareth, a Beni-Abbès e a Tamanrasset; passa lunghe ore ritirato in preghiera e in adorazione, con un tenore di vita più austero di quello di qualsiasi ordine monastico. D’altra parte, la sua vita è tutt’altro che segregata, come testimonia la fittissima rete di amicizie, di relazioni e di contatti, mantenuti attraverso una corrispondenza sempre abbondante; e poi le numerose visite, l’ospitalità offerta a persone di ogni genere, le migliaia di chilometri percorsi attraverso il deserto per incontrare e conoscere più da vicino le persone.

Non può essere qualificato neppure come un qualsiasi missionario del suo tempo: parla spesso di Dio e del Vangelo di Gesù ai suoi amici arabi e Tuareg, ma in lui non c’è alcuna traccia di proselitismo, battezza pochissimo, è molto attento a non forzare i tempi della conversione alla fede cristiana. Quanto ha fatto non può neppure essere ridotto a un semplice «intervento umanitario» in favore delle popolazioni povere dell’Africa nord-occidentale e del Sahara: cura gli ammalati, distribuisce elemosine ai poveri e li invita a condividere la sua mensa, ma non intende assolutamente costruire né scuole né ospedali. Per diversi anni della sua vita, soprattutto nell’ultima parte, dedica molte ore allo studio: si potrebbe vedere in lui un erudito di primo livello; compie ricerche etnografiche e linguistiche, e prepara grammatica tuareg; raccoglie poesie e poemi tuareg e compila un dizionario. Eppure in tutto questo lavoro scientifico, dai ritmi spesso febbrili, non c’è l’ombra di una ricerca di notorietà o successo: lo testimonia la forza con cui esige dai suoi editori e superiori che sulle sue opere non compaia mai il suo nome.

Chi è veramente Charles de Foucauld? Dove sta il baricentro della sua vita? Già nel titolo, «La spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld nella sua vita», il lavoro di Claudio Sottocornola tenta una risposta e ci pare che colga nel segno. In effetti, l’esperienza di fede di Charles è profondamente segnata da una spiritualità eucaristica, che assume accentuazioni diverse nel corso della sua vita. Le modalità in cui avviene la sua conversione sono già significative: in quel mattino di fine ottobre del 1886, nella chiesa di sant’Agostino a Parigi, l’abbé Huvelin, dopo averlo ascoltato e assolto, invita Charles a comunicarsi; da quel momento egli percepirà l’Eucaristia come esperienza di intimità e di dolce colloquio con il Signore che nel Sacramento si rende presente. L’Eucaristia diventa per lui l’espressione viva del volto misericordioso di Dio, il segno della sua vicinanza, il modo per restare alla sua presenza. Questa sottolineatura dell’Eucaristia nella sua dimensione di Presenza reale del Signore, si approfondisce nei dieci anni successivi: ad Akbès e a Nazareth, Charles è attratto dal mistero di Dio che si rende accessibile nel SS.mo Sacramento. La sua sola preoccupazione è stare vicino a Gesù, perdersi unicamente in Lui. Questa ricerca di intimità si traduce in un desiderio continuo di passare giornate intere in contemplazione davanti al Santo Sacramento. In un ritiro spirituale del 1897, annota: «Mio Signore Gesù, sei nella Santa Eucaristia! Sei qui, a un metro da me, in questo tabernacolo! Il tuo corpo, la tua anima, la tua umanità, la tua divinità, il tuo essere tutto intero è qui, nella sua duplice natura! Come sei vicino mio Dio!».

Con l’andare del tempo Charles è sempre più colpito dal passo evangelico di Matteo nel quale Gesù si identifica con i poveri. Il 1 agosto 1916, a pochi mesi dalla morte, scrive «Non c’è, credo, un altro passo del Vangelo che mi abbia impressionato di più e che abbia trasformato la mia vita più di questo: “Tutto quello che fate a uno di questi piccoli, lo fate a me”. Se si pensa che queste parole sono quelle della Verità increata, quelle della bocca che ha detto “questo è il mio corpo… questo è il mio sangue”, con quanta forza si è portati a cercare e ad amare Gesù in “questi piccoli”, questi peccatori, questi poveri, utilizzando tutti i propri mezzi materiali al sollievo delle miserie temporali». La meditazione di queste parole lo porta a cogliere l’Eucaristia come il sacramento della carità fraterna, ad accostare il servizio eucaristico con il servizio ai poveri. L’Eucaristia gli appare non più soltanto come il Corpo di Cristo da contemplare e mangiare, ma anche Sacrificio da offrire e al quale offrirsi, sacramento di una vita offerta nell’amicizia condivisa, nella sofferenza sopportata per amore, nella preghiera di intercessione per il mondo.

L’opera di Sottocornola segue passo passo questa maturazione eucaristica di Charles de Foucauld, ponendola continuamente in parallelo con il suo itinerario biografico e illustrandola con testi scelti sempre in modo appropriato. Questo metodo evidenzia un’acquisizione importante, non soltanto nell’ambito della spiritualità, ma anche nella filosofia, nell’arte, nella letteratura, nella musica. Non si possono comprendere fino in fondo le intuizioni e le opere di un autore senza conoscerne la vita, i progetti, le delusioni, le prove, gli affetti, i problemi di salute… Sottocornola dà prova di questa sensibilità non solo in questo testo ma anche in altri lavori: in tutti emerge quanto fortemente incida il vissuto biografico sul modo di selezionare gli interessi e sullo stile con cui si affrontano gli argomenti più vari.

Il libro di Sottocornola è la sua tesi di laurea, generalmente uno dei primi lavori di ogni studioso. Non può quindi giovarsi di una lunga esperienza, la quale si acquisisce solo con il passare degli anni e con un paziente itinerario di ricerca. Eppure questo scritto giovanile manifesta già una grande padronanza metodologica e linguistica: documentato senza essere pedante, preciso nelle citazioni e insieme scorrevole, aderente al tema ma non distaccato, capace di usare un lessico tecnico ma per nulla arido, rimane estremamente attuale nonostante siano passati 25 anni e in questo tempo gli studi sulla vita e la spiritualità di Charles de Foucauld si siano moltiplicati, giovandosi di strumenti di indagine sempre più raffinati e di prospettive via via più ampie. A tale riguardo, l’evento della beatificazione, celebrata a Roma il 13 novembre 2005, ha costituito un’occasione unica per far conoscere a un pubblico più vasto la figura e l’opera di questo straordinario contemplativo del Sahara.

In particolare, si vede sempre meglio ciò che questo scritto intende dimostrare: come la sua spiritualità eucaristica, lungi da rinchiudere Charles de Foucauld in anguste prospettive intimistiche, l’ha portato a cercare e a vivere relazioni di fraternità verso le persone con le quali è entrato in contatto, anche non cristiani. In proposito, vale la pena accennare agli interessanti orizzonti che quella sensibilità eucaristica gli ha dischiuso sui rapporti con uomini e donne appartenenti ad altre religiosi. Spesso Charles de Foucauld è indicato come esempio di dialogo con l’Islam. Per la verità, più che in dialogo con l’Islam, egli si è messo in relazione con i Musulmani. Il suo non è un confronto con idee astratte, con teorie filosofiche o concetti teologici, ma un incontro con le persone, tipico del suo approccio concreto alla realtà. Questo talvolta implica una sorta di sfasatura tra le sue dichiarazioni scritte, spesso molto perentorie e perfino dure nei toni, e il suo atteggiamento effettivo, molto più morbido e ben disposto. Il modo con il quale Charles de Foucauld accosta i Musulmani cambia nel corso della sua vita, conosce un’evoluzione frutto dell’esperienza e di un lungo processo di discernimento. Anche qui si può scorgere uno stile disposto a rivedere certi giudizi e capace di procedere non per assiomi ma attraverso il continuo confronto con la realtà, letta alla luce della Parola di Dio. La sua presenza nel contesto musulmano predilige una modalità «silenziosa», ma non muta. Egli non sceglie i metodi allora prevalenti di una predicazione pubblica che può scivolare nel proselitismo; neppure punta su grandi opere di apostolato, come scuole e ospedali, che però giudica importanti. La sua testimonianza silenziosa nasce dalla convinzione che il primo annuncio è quello che scaturisce dalla santità e dalla conversione personale.

Presenza silenziosa non significa mancanza di relazioni con le persone. Egli supera una concezione riduttiva di clausura monastica, intesa come isolamento e separazione dai fratelli e dalla loro vita quotidiana. Al contrario, la sua presenza mira a una condivisione piena, nell’accoglienza reciproca, nell’aiuto scambievole, nella solidarietà e in rapporti di fraternità e amicizia. La presenza silenziosa consente a Charles di conoscere più a fondo i suoi interlocutori, di studiarne la lingua, la storia, la cultura, così che l’annuncio del vangelo sia rispettoso e capace di incarnarsi in una storia concreta. Questo spiega il grande valore che egli attribuisce allo studio, soprattutto negli ultimi anni della sua vita.

La presenza silenziosa è vissuta in sintonia con la scelta di vivere «come Gesù a Nazareth», cioè con un’idea di sequela centrata sulla «vita nascosta» di Gesù: uomo tra gli uomini, Gesù si sottomette alle leggi comuni dell’esistenza, condividendo con gli abitanti di Nazareth una vita modesta, semplice, senza nulla di straordinario. Lì Gesù salva già gli uomini con la preghiera e con l’offerta di sé. La presenza silenziosa esprime una testimonianza cristiana dal tratto «domestico». Più radicalmente, la presenza silenziosa è vista in perfetta coerenza con la logica evangelica del seme che muore per poter portare frutto. In questo senso va letta anche la sua morte «silenziosa», lontana dai riflettori, passata quasi inosservata. Quella morte è coerente con uno stile di vita discreto e nascosto, maturato in trent’anni di vita religiosa.

Da tutto ciò emerge quanto sia stata azzeccata ed efficace la scelta di Sottocornola di approfondire un figura così poliedrica, stimolante e «attuale», che forse lo ha confermato nella sua attenzione anche letteraria al quotidiano. L’esperienza umana e spirituale di Charles de Foucauld è stata giustamente sintetizzata nel proposito di «seguire Gesù a Nazaret». Essa si basa su elementi essenziali: silenzio, ascolto della Parola di Dio, adorazione eucaristica, semplicità di vita e scambio fraterno. Proprio per questo costituisce un punto di riferimento valido per tutti; offre uno stile di vita caratterizzato da realtà quotidiane e ordinarie, a prima vista banali, ma che costituiscono il fondamento di un’autentica vita spirituale. La testimonianza di Charles de Foucauld si può vivere non soltanto nel deserto di sabbia dove è nata, ma anche nel deserto del mondo moderno, mediante la semplice presenza, la preghiera con Dio e l’amicizia con gli uomini. In questo nuovo millennio, questa forma di spiritualità si rivela particolarmente eloquente. Charles de Foucauld si propone come compagno di carovana a noi, che avanziamo faticosamente tra le dune e i percorsi aridi della vita, sperduti in orizzonti cosmici che ci sovrastano, sempre minacciati dal pericolo di cedere ai miraggi, bramosi di trovare qualche pozzo di acqua buona che possa estinguere quella sete di felicità che ci attanaglia nel più profondo dell’anima.

Il pane e i pesci, vol. I° – La spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld nella sua vita -, Introduzione all’Edizione di Ezio Bolis

Per riscoprire Charles de Foucauld

“Se mi si parla di studi, spiegherò che mi piace moltissimo restare fino al collo in mezzo al grano e nel bosco, e che provo una ripugnanza estrema per tutto ciò che tendesse ad allontanarmi da quest’abiezione nella quale desidero sprofondare sempre più…”. E’ in questa lettera del 4 novembre 1891 a Marie de Bondy che cogliamo quanto di più vitale attraversa lo spirito del grande mistico ed esploratore francese Charles de Foucauld, nato nel 1858 a Strasburgo da una famiglia aristocratica, rimasto orfano di entrambi i genitori nel 1864 e allevato dal buon nonno materno, Colonnello de Morlet. Le vacanze estive, trascorse dalla zia Ines Moitessier a Louye, accrescono il suo affetto per la cugina Marie de Bondy, che lo introduce al culto del Sacro Cuore e gli regala forse la più intensa testimonianza di cosa la Grazia possa compiere in un’anima ben disposta (sono anche i temi del capolavoro cinematografico “The tree of life”, di Malick). Queste ed altre notizie troviamo ne “La spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld”, primo volume della trilogia “Il pane e i pesci” (ed. Velar), recentemente pubblicata da Claudio Sottocornola, una indagine sul sacro fra spiritualità, giornalismo e biografia, che qui narra, in pagine di grande suggestione, il percorso di un uomo dall’autosufficienza all’abbandono in Dio.

Così, dopo una giovinezza inquieta, ed una educazione agnostica impartitagli da insegnanti buoni ma indifferenti in materia religiosa, dopo una fugace e contrastata carriera militare, avventure galanti alternate a letture classiche e illuministiche, una eroica esplorazione del Marocco che gli vale la medaglia d’oro della Société de Géographie… ecco la folgorazione (un’esperienza alla André Frossard?): il ritorno in Francia, fra i suoi parenti, quello che è rimasto della “sua” famiglia, e il ritrovamento della cugina, Marie de Bondy. “Mi hai attirato alla virtù con la bellezza di un’anima in cui la virtù mi era parsa sì bella che aveva irrevocabilmente rapito il mio cuore…”, affermerà Charles nel Ritiro di Nazareth del 1897.

E la Storia, a partire da quel momento, è davvero un’altra per Charles, che scavato da un Amore oblativo di tipo assoluto, ricercherà, attraverso un rapporto sempre più radicale ed esigente con il Mistero che lo scava e lo attrae, una forma di vita che lo avvicini a quella del Maestro e Modello: ecco la Trappa (ma lì ormai si condiscono gli alimenti con burro e olio e Charles si chiede “Dove va la povertà?”), e poi il servizio presso le Clarisse di Nazareth, ove elabora e matura quella “vita nascosta”, che si specificherà sempre più nella dimensione della Adorazione eucaristica, come condivisione della vita di Gesù nella Sacra Famiglia, il desiderio di una “spiritualità dell’Imitazione” che, connaturale a chi ama, deve condurre al massimo della rassomiglianza con colui che si ama, Gesù povero operaio misconosciuto da tutti, infine la resa al Sacerdozio ministeriale, come massima adesione al ministero salvifico di Gesù, in quella dimensione pubblica per cui Charles non si sentiva portato, ma che gli avrebbe consentito ulteriore spesa e rinuncia di sé. E’ allora il momento del Sahara francese, della Fraternità di Beni- Abbès e del villaggio di Tamanrasset, avamposti ove Charles de Foucauld tenta la via del radicamento in una realtà circoscritta e periferica come segno del più grande amore. Morirà ucciso da predoni il 1 dicembre 1916. In Francia, la sua Unione di laici conta 49 membri, che costituiscono il tramite storico con le fondazioni che verranno. Oggi la sua eredità, fra laici, preti e religiosi, è raccolta da ben diciannove famiglie in tutto il mondo, mentre innumerevoli sono coloro che alla sua spiritualità moderna, profetica ed essenziale si ispirano nella loro vita quotidiana, che la Chiesa ha ulteriormente suggellato con la beatificazione, avvenuta nel 2005 ad opera di Benedetto XVI.

Famiglia in dialogo, luglio-agosto 2011
di Augusta Dentella