Dario Franchi

Litografie da Pop art per una fiaba metropolitana
I colori vivaci come arancio, rosso, giallo e i flash del paesaggio pubblicitario anche nelle poesie sono immagini da Pop art alimentati dal piacere del racconto; si percepisce chiaramente il contesto culturale e sociale, come riflesso di una certa rivisitazione contemporanea dell’immaginario americano prima maniera, fatto di ritagli nitidi e colorati, dove le esperienze di vita trasfigurate dall’autore hanno la dimensione lirica e leggera di una fiaba metropolitana. Persino la poesia di chiusura, “Oscurità”, che sembrerebbe richiamare la frequente metafora notte-morte, è rischiarata dai “fari delle auto” e lascia adito al riaffacciarsi del gioco della vita “conforto a tratti”.
Il fattore autobiografico è dovunque presente, non nel senso espressionistico- esistenziale, ma piuttosto come magma di esperienze toccate: assai significativa è la poesia “Specchio delle mie brame”, narcisistica rispecchiatura di fotogrammi che scivolano veloci e suggestive come litografie di Andy Warhol. Quando l’elemento naturalistico fa capolino (la pioggia che cade appena, livido il cielo annuvolato, la notte fredda di vento che soffia piano) è come una nota di colore neutro che serve a evidenziare meglio le sensazioni e i ricordi accesi dal variegato paesaggio artificiale.
La forma delle poesie traduce in modo coerente i contenuti: l’approccio è sintetico (come in un disegno di Hugo Pratt), la lettura è agevole e il verso breve, gli anacoluti non ostacolano il flusso del racconto. Così le poesie sono piacevolmente evocative nella capacità di filtrare aspetti del paesaggio urbano e umano degli anni ‘80 e ’90, che oggi appaiono sempre più inquietanti.

Testi critici, Anteprima, ottobre 2007

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