Pina Cappelleri

Un diario lirico fra vita e sogno
Claudio Sottocornola vive a Bergamo: è ordinario di Filosofia e Storia nei licei nonché docente di “Storia della Canzone e dello Spettacolo” presso la Terza Università di Bergamo. E’ giornalista, ha pubblicato servizi, interviste, studi, frutto di accurata ricerca dei fenomeni della cultura e della musica pop di cui si occupa da tempo. Ha pubblicato un ciclo musicale di 3 CD, “L’appuntamento” nel 2004, “L’appuntamento 2 (i classici)” e “L’appuntamento 3 (Ma l’amore no, quaderno dalle origini)” nel 2005, affrontando il meglio della canzone rock, pop e d’autore in Italia. Nel 2006 ha prodotto un DVD musicale con 17 brani selezionati tra quelli proposti nella suddetta trilogia e nel 2007 un DVD multimediale, “80′s/Eighties (laudes creaturarum ’81)”, testimonianza degli anni ’80 attraverso 40 collages giovanili dal sottotitolo “avere 22 anni nel 1981”. Si arriva così al 2008, con la pubblicazione di questo libro di poesie dal titolo “Giovinezza… addio. Diario di fine ‘900 in versi”.
“Giovinezza… addio” si apre con un’introduzione a cura di Luca Catò, che mette in rilievo i pregi del volume, la cui lettura, egli sottolinea, equivale a “sfogliare un album di fotografie… E vedere cambiare il volto, crescere il corpo… dilatare la famiglia… scoprire che ‘qualcosa’ si muove, si affina, si definisce, scompare…”. A me piace di più la definizione che del libro dà lo stesso autore: “romanzo di formazione”, “diario lirico” direi, perché questa definizione rende il concetto del divenire, del farsi della persona attraverso le esperienze di vita e di arte, rende quindi l’idea di una evoluzione poetica che si configura come maturazione, nel momento in cui il protagonista stabilisce un rapporto dialettico e costruttivo con la realtà, lasciandosi lentamente alle spalle l’età del sogno per entrare nella vita reale.
All’introduzione fanno seguito una breve biografia ed una prefazione dell’autore stesso intitolata “All’origine della poesia”, in cui egli si sofferma sull’origine della sua ispirazione poetica, sul suo viaggio incantato nella musica oltre che nella poesia, esperienze che vanno di pari passo. Egli ci racconta di quando leggeva i grandi poeti come Pascoli, D’Annunzio, Leopardi che ha amato ed interiorizzato più degli altri, Neruda e Pavese, Ungaretti la cui influenza sarà palese in molte sue liriche.
Affascinato così dal potere incantatorio della poesia dà inizio alla sua personale avventura poetica, a solo 15 anni, durante l’adolescenza, età delle esperienze gioiose ed intense, vissute in un clima di serenità familiare, a contatto con la natura e con gli affetti più cari.
Continuerà a scrivere per molti anni sino a quando, il lunedì di Pasqua del 1994, avrà l’idea di raccogliere in un libro i lavori fatti nel corso di vent’anni: nascerà così “Giovinezza… addio”, una costruzione poetica la cui stratificazione narrativa ripercorre il variare del tempo, legando le vicende esteriori della vita e della storia a quelle interiori dell’anima. Gli avvenimenti si snodano su due differenti livelli. Uno reale, situato nello spazio e nel tempo: sono i luoghi in cui l’autore è vissuto in quegli anni, i luoghi da lui visitati con le loro città caotiche o sonnolenti; sono gli anni dal 1974 al 1994, venti anni, a partire dall’ingresso nell’età dell’adolescenza sino al lento trascolorare e sparire della giovinezza. L’altro livello, che s’intreccia al primo, è quello della realtà psichica, fatta di emozioni, sensazioni, stupori, stati d’animo fissati nella memoria e concretizzatisi in immagini, in parole, in musica. E’ la storia della primavera e giovinezza dello spirito che si colloca al centro della vita e della storia del proprio paese.
Il testo poetico è costituito da nove sezioni e si chiude con una nota critica a “L’appuntamento/collection” di Donato Zoppo ed un CD che contiene le canzoni de “L’appuntamento”.
La prima sezione s’intitola “Primi Sguardi”: sono liriche composte tra l’agosto del ‘74 ed il dicembre del ‘76, per lo più poesie descrittive: un campanile che si staglia contro il cielo con un’inebriante nettezza, una stagione come l’estate fatta di ribellione e di noia, la campagna all’imbrunire, lo sferragliare di un treno, colombi sull’asfalto, limoni fuori stagione (che mi ricordano un po’ Montale…). Ma balzano anche dai versi figure vive come i chierichetti, il parroco pingue e bonario, l’insegnante supplente dagli occhi intelligenti e malinconici. S’intuisce già dal fluire di paesaggi e personaggi la capacità dell’autore di captare situazioni, di fissare sulla carta figure ed immagini, dote straordinaria per un adolescente di 15 – 16 anni.
Segue la sezione “Ricerche” (1976-1979). Sono gli anni della prima giovinezza in cui si fa pressante la necessità di cercare barlumi di luce che sono poi barlumi di verità: penso a “Svegliarsi”, in cui il risveglio è sentito come l’emergere da profondità recondite per poi accorgersi di essere “un mosaico di luce”.

Svegliarsi

Svegliarsi
un mattino
giovane
umido
come fosse
il primo giorno.
La bottiglia
del latte nuovo
fredda
su le mie mani
fredda
su le mie labbra.
Dio, vivo.
                 Sono
un mosaico di luce.

luglio 1977

Splendida presentazione di sé è la lirica “Se volete conoscermi”, in cui l’autore si paragona ad “un albero mite” (penso alla “docile fibra dell’universo” di Ungaretti), “dimesso”, ma “ostinato”, deciso a crescere, ad essere un pezzo di “luce” (ritorna con insistenza la parola luce).

Se volete conoscermi

Vedete, io non sono
una quercia tenace:
me ne manca il vigore,
né ho tanta fortuna
da vivere in arie
selvose i miei giorni;
e non sono, credete,
un giunco virtuoso
che onda lambisce
su qualche spiaggia
segreta:
non conosco umiltà,
né ho il conforto
di aliti freschi
marini.
Se proprio volete
conoscermi, pensate
a un albero mite dimesso
un albero giusto qualunque
che a dispetto di tutto
e di tutti (l’aria greve,
i rifiuti gettati per via,
l’officina che fischia)
chissà come e perché
se ne sta lì
ostinato
a spaccare l’asfalto
di un piazzale assolato
annerito abbruttito
tra i palazzi di una brutta
città.
Ecco, guardate: spunta,
cresce, s’avanza, s’allarga, protende
quei pochi rametti. E’ nato!
Si fa un tetto di luce.

luglio 1977

In queste ricerche è chiaro che il poeta dispone di una mente cangiante, attiva, capace di far zampillare una serie di pensieri che si mutano in immagini vibranti, come pure è evidente la sua capacità di giocare con le parole. Anche in questa sezione egli dà voce alle cose della natura, una natura sacra, segreta (“sulla / selva d’Oscuri Misteri, / sulla cupa bicocca, / una luna tremula / col suo nero velo / di Belladonna”), metaforica (“Il cielo s’è abbeverato / a un lago di latte e vino…”). Due ritratti mi hanno colpita: Linda, esile creatura, “dolce cosa”, chiusa nel suo “paltoncino lillà”, “povera cosina” che però “ha cervello”; ed il ritratto di un ragazzo visto nel suo “irriducibile silenzio”, “stretto nel ghiaccio / impermeabile” che fuma “col suo trionfo d’equilibrio”.
Interessanti sono poi tre liriche, fatte di brevi segmenti strofici intervallati da spazi bianchi, che sono l’equivalente tipografico delle pause di silenzio ed accrescono l’effetto di suggestione della voce recitante; si tratta di “sogno”, “Stato di grazia”, “natale”.

sogno

il mondo in aeroplano

il sogno va lontano

l’aria è di zafferano

e io voglio morire

da arcade dei giardini
di New York.

aprile-ottobre 1978

Stato di grazia

Le lenzuola diffondono
un lieve tepore

è mattina, a Berlino

nei giardini i fusti
si stendono in alto

L’acqua grigia sciacquetta
un battello

la sirena
scoppietta

un airone rivola…

aprile-ottobre 1978

natale

Le arance spiccano
su la tovaglia
bianchissima

calici di latte
freddi

e l’acquacanta

nuda non sai

che tornano gli aironi
a volare dalle torri
del mio bianco paese.

aprile-ottobre 1978

Altre due sezioni sono composte tra il ‘79 e l’’84. Nella prima, “Oh come vera e dolce”, alla soglia dei vent’anni, nuovi versi nascono dal dolore per la morte del padre: il poeta invoca il Signore, chiede la conversione del cuore (“…feriscimi / per sempre / sulla via di Damasco // le mani tese a chiedere / a dare // leggero come / un sughero…”). E al padre che non c’è più dice: “…se vieni a trovarmi… / Insieme piangiamo / i lunghi anni trascorsi / senza una parola”. Lo stato d’animo di questo periodo è quello di chi si sente attraversare da una “vera e dolce / malinconia” e sente accanto la presenza di un’amica forte e dolce dagli occhi “sicuri e fuggitivi”, di leopardiana memoria. Dopo una breve pausa tra l’’80 e l’’84, compone la sezione “Preghiera”, su cui si soffermerà il prof. Mollica.
Una pausa più lunga tra l’‘84 ed il ‘91 e rinasce poi, con la sezione “Città e musica”, l’amore per la poesia; scriveva Ungaretti: “Soltanto la poesia, la poesia sola può recuperare l’uomo”… Quindi la poesia è salvezza, luce, grazia. E l’autore, che sa tutto questo, riprende il suo viaggio, riannodando i fili interrotti, tuffandosi questa volta nel mondo della città, che gli appare nella sua improvvisa bellezza con le sue vetrine, i suoi bar, la sua musica. In queste città camminano “i giovani scamiciati / e un po’ spettinati” e si intrufolano nei negozi dove “leggere / e smorfiose” stanno le commesse.

Scaramanticamente

Scaramanticamente
i giovani camminano
scamiciati
e un po’ spettinati
nel sole dell’estate
che batte
scaramanticamente
sulle prime angurie
affacciati ai trivi
delle strade mentre
bevi Coca-Cola
al posto del caffè
… disseta l’anima…
Bancomat per i primi
acquisti intrufolandosi
fra un negozio e l’altro
fiori colori giacche
grige e blu
e commesse leggere
e smorfiose…
Incontri ravvicinati
di colleghi in vacanza
scaramanticamente
coi bimbi alla mano.
Riprende il cammino
dell’estate
cosparso di promesse.

giugno 1991

Dal ‘91 al ‘92 compone “Acquerelli” e “Cartoon”. Di “Acquerelli” mi hanno particolarmente affascinata due liriche brevissime, tocchi leggeri sulla tela tessuta dal tempo, scritte con la consapevolezza degli anni che passano e della giovinezza che sfiorisce: “E sfugge il tempo dei cari sorrisi”, “Oh la giovinezza che se ne va”. In altre liriche è presente un senso di nostalgia per un passato che non ritorna, ma in queste due poesie è espresso in modo scoperto; il poeta con tenerezza struggente pensa al “tempo dei cari sorrisi”, rivolge uno sguardo amoroso ai “catechisti”, ai “bambini scalcianti”, ora che il “sangue è inquieto”, “la giovinezza… se ne va / e fa i capelli brizzolati”.

E sfugge il tempo dei cari sorrisi

E sfugge il tempo dei cari sorrisi
sui prati parrocchiali
quando bastava un lancio di pallone
a inseguire il sogno
fra bambini scalcianti –
noi due catechisti –
ma era la tua presenza,
trasmutata in Altro,
a fare la gioia.
Ora il sangue è inquieto,
il tempo s’annuvola,
tu passi ed io penso:
Dio, esser migliore!

20 giugno 1992

Oh la giovinezza che se ne va

Oh, la giovinezza che se ne va
e fa i capelli brizzolati.
Guardo il traffico della strada
feriale, di scuola e di lavoro,
dalla penombra di un quieto bar:
oh le emozioni di allora…
l’intensità
che mi hai portato via!

23 settembre 1992

Dopo la sezione “Cartoon”, scritta nel periodo in cui il poeta si appassiona ai segni, ai suoni, alla musica ed al cinema, facendo oggetto della sua poesia il nostro tempo, la musica pop, rock, la canzone italiana d’autore, avremo altre due sezioni: “Moralità” (‘92 – ‘93) e “Pensiero debole” (‘93 – ‘94). Ora l’autore esprime il suo desiderio di “seminare bene”, comunicandoci un sostanziale ottimismo esistenziale: è bello “vivere insieme” in questa vita che “è una palestra” e “i muscoli migliori” sono “la sofferenza / che vince pigrizia e torpore, / indifferenza…”. E’ un’intensa sinergia fra arte e vita che si apprezza qui, un invito a “prendere in mano” la propria esistenza, per diventarne interpreti fedeli, in un rapporto con “l’altro” che consenta di condividere l’impegno a edificare un mondo “…che non c’è ancora / e non ci sarà / se non ci metti mano” (“Che bello è”, 13 marzo 1993).
Posso dunque concludere dicendo che “Giovinezza… addio. Diario di fine ‘900 in versi” è un libro da leggere con attenzione e su cui riflettere, un libro da gustare e assaporare, un libro che ci conferma nella consapevolezza che solo la poesia consente il sogno dell’altrove, e fa intravedere al cuore un mondo che gli occhi non possono vedere…

Presentazione di “Giovinezza… addio. Diario di fine ’900 in versi”, Biblio-Mediateca “A. La Torre”, Siderno (RC), 30 luglio 2009

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