The Rhythm Method (diary): 31 dicembre
Mythos fondativo
Il mythos fondativo del filosofo del pop, con il quale ho lavorato per anni, è la nostalgia del passato, in particolare degli anni ’60 sabbiosi, in filigrana, tra jukebox e cortei, sapore di sale e compagni dai campi e dalle officine.
I fatti della vita e il covid, con il suo apparato di distanze, lontananze, disconnessioni, hanno allentato i nostri rapporti. Agli sgoccioli di quest’anno di andate e ritorni, ho ricevuto due suoi nuovi libri. Un pensiero inatteso, un regalo speciale. È anche grazie alla frequentazione con lui – fisica, teoretica, on the road, dalle lezioni-concerto alle chiacchiere su massimi e minimi sistemi – che ho imparato a guardare alle parole da più versanti. Osservazioni prismatiche.
Fare dono è un gesto regale; regalità è padronanza di sé, emanciparsi dall’incubo delle passioni. “E ti vengo a cercare”, una delle tante che Claudio ha interpretato nei suoi progetti di ermeneutica pop.
Mythos è uno dei suoi tanti librini iniziatici, osservazioni nella notte da una finestra borghese su una periferia in movimento, come le sue foto. Occhio di bue è una sorta di opera omnia a metà, raccoglie e sistema anni di lezioni-concerto e di eventi sul territorio tra canzone e crisi dei valori.
Ascoltavo il nuovo album dell’Accordo dei Contrari. Un brano si chiama “Così respirano gli incendi del tempo”. A volte i titoli spalancano universi.