Canto del tempo, poesia della vita
In presenza della illustre famiglia dei saggi e dei dotti della città di Siderno, voglio esprimere il mio profondo compiacimento nel constatare che un cantore (come si fa a definire diversamente una persona che scrive, canta, parla da filosofo, da maestro…),
ecco, un aedo, abbia scelto da tempo per i suoi soggiorni estivi la nostra terra di Calabria con i suoi paesini — terra che io chiamo “collimare” per il suo bel mare e le colline che fanno dolcezza, pregnanza… — forse perché il fatto culturale è qui che è lievitato, dopo essere nato fra gli approdi dei nostri Magno Greci… Ebbene, Claudio Sottocornola ha scelto questa nostra terra, il nostro mare e il nostro cielo così limpido e salubre per ristorare il suo animo, la sua carne e il suo spirito… Carne e spirito, questi due elementi che tante
volte in noi si contrappongono, trovano in lui, pur nella tensione di una vibrazione intensa, un’attiva alleanza, una quiete accesa, un equilibrio sopportabile…
Forse lo ha aiutato a raggiungere questa sintesi – questo equilibrio – spigolare qua e là, come giornalista e musicista, nel mondo semplice della canzone italiana degli anni ’50, ’60 e ’70, raccogliere il sapore (sapore di sale…?) della vera poesia, del bel canto. E certo, come tanti fra noi, egli conosce tutto il piano di risalita che le canzoni di quegli anni hanno rappresentato per i giovani di allora (che giovani sono rimasti sempre in profondità…), l’educazione del sentimento che quella musica e quei canti ci hanno regalato. Poi è iniziata una forma di autosvalutazione, con l’esagerata e smodata idolatria di anglismi ed esotismi, e molte generazioni ce le siamo ritrovate anche per questo più insensibili e spente.
Claudio Sottocornola ha alle sue spalle, e avrà certamente nel suo avvenire, una lunga, proficua, qualificata attività fra giornalismo e spettacolo, che si è illuminata di nobilissime frequentazioni e ricerche sui più grandi ed ispirati interpreti del nostro canto di qualità, e parliamo di Mina, Milva, Rita Pavone, Gianni Morandi, Paolo Conte, ecc…
E mentre amava produrre, ricercare assonanze e affinità con quelli, curava e coltivava la poesia, potendo dissolvere il suo messaggio in un lessico straordinariamente docile e ubbidiente, nell’espressione di sempre nuove angolature umane, e di sempre più profonde esplorazioni mistico-filosofiche…
Così Sottocornola intende la poesia come il luogo aperto in cui scorre la vita, dal suo nascere al suo mutevole divenire, nel suo variabile assetto di sostanza e di forme.
In Giovinezza… addio. Diario di fine ’900 in versi, il poeta scandisce con paziente acume e discernimento lo scorrere delle sue emozioni sullo schermo del tempo e ci regala un documentario di sequenze che si accostano, si sommano, si scostano, si scontrano, si contraddicono, ritornano ancora ad accostarsi, in variabili e mutevoli forme sempre, che la parola evoca, costruisce, ricrea.
Il tempo per Sottocornola è come un grande alveo, un bacino in cui si avvera il ri-essere della storia – e della sua storia – e le parole hanno il solo compito di essere piene di sostanza, forme fedeli.
Avrete modo – ne sono certo – di leggere queste poesie, e noterete quanto vasti, vari e consistenti siano i motivi di ispirazione poetica di Sottocornola, che sa far ascoltare la sua voce e l’arricchisce con la sua poesia. Colpisce profondamente la dimensione rara di una spiritualità elevata che guarda con confidenza all’infinito, in cui si esprime il bisogno dell’altro, e una giusta – quasi “razionale” – visione dell’oltre, che all’uomo appartiene, per dote o destino, nella sua dimensione universale.
Presentazione di “Giovinezza… addio. Diario di fine ’900 in versi”,
Biblio-Mediateca “A. La Torre”, Siderno (RC), 30 luglio 2009