Serena Valietti

Tanta cultura pop nel “secolo breve” di Sottocornola
Omero? È puro pop calato nella Grecia antica. Shakespeare? Era una superstar, un uomo del popolo che parlava la lingua del popolo, siamo noi che l’abbiamo imprigionato nella torre d’avorio dell’alta letteratura teatrale, ma ai suoi spettacoli ci andavano maniscalchi, artigiani e panettieri: si sedevano sulle gradinate del Globe di Londra come fossero davanti alla tv e si bevevano le tragedie di Romeo e Giulietta come oggi si guardano le telenovelas. E Galileo? Anche lui era pop? Assolutamente sì. Lavorava addirittura gomito a gomito con gli artigiani dell’epoca, cosa che per un luminare di oggi sarebbe impensabile.

Sono le prime frasi con cui Claudio Sottocornola comincia a esporre la sua scuola di pensiero, un mix che egli stesso non esita a definire “una fusione di cultura pop ed ermeneutica, la filosofia basata sull’interpretazione dei fatti, non sull’oggettività scientifica”. Ordinario di Filosofia e Storia e giornalista, Sottocornola è una delle personalità più eclettiche e meno accademiche dell’intellighenzia bergamasca che ha di recente pubblicato Giovinezza… addio, un diario di fine Novecento, dove raccoglie le sue riflessioni sugli ultimi anni del millenimpaginato nio appena concluso: “Nelle pagine del libro si parte dagli anni Settanta per arrivare fino al Duemila, ripercorrendo in versi poetici quello che sono stati i decenni finali del Novecento – spiega Sottocornola –. Il mio Secolo breve però non è un secolo di eroi e storia, ma un secolo di musica, letteratura, sottoculture, cinema, teologia, pubblicità e fenomeni di consumo di massa. Non distinguo cultura alta e cultura bassa, hanno entrambe un valore e hanno entrambe qualcosa da insegnarci: non importa se la nostra aula è quella di un’università o le corsie di un supermercato, perché come dicevano i filosofi scolastici medievali ‘Ogni ente in qualche modo ha in sé qualcosa di bello, di buono e una parte di verità, dal granello di polvere alla totalità del tutto’, sta solo a noi riuscire ad abbandonare pregiudizi culturali e scoprirlo”.

DNews, 26 giugno 2008

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