Scritti spirituali giovanili, citazioni, appunti, aforismi

Il pane e i pesci,
Colligite fragmenta ne pereant

Il titolo della presente trilogia richiama l’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci: figure dell’eucarestia cristiana, di una fraternità allargata, di un dono escatologico, che va oltre la promessa dei figli dell’uomo. Dopo la immagine evangelica, si è voluto citare il comando di Gesù ai discepoli dopo l’evento miracoloso: raccogliere perché nulla dei pani avanzati vada perduto.

A una prima lettura, risulta difficile trovare un punto unificante dentro il testo. Diversamente da altri volumi editi da Sottocornola soprattutto in poesia, il presente è uno Zibaldone e una silloge di diversi pensieri presi da vari autori e annotazioni personali. Si passa dalla citazione biblica, religiosa (scritti di santi), dal commento spirituale personale, dalla preghiera, alla sentenza epigrammatica, alla citazione filosofica che spazia da Panikkar a Vito Mancuso (autore che lo ha confortato nella fede cristiana) a Jaspers e Freud, citazioni profane da Gianni Morandi a Woody Allen, da “Frate Indovino” sino alla “Selezione del Reader’s Digest”. Si va da espressioni alte al “ popular”, per utilizzare un termine caro a Claudio Sottocornola. Questa raccolta così composita probabilmente corrisponde alla biografia del suo autore: docente dapprima in materie religiose, letterarie e ora storico-filosofiche, giornalista, artista e cantante attento ai diversi linguaggi e alle sperimentazioni multidisciplinari e interdisciplinari (lezioni-concerto, collages, fotografie).

L’idea-guida si può cogliere nel fatto che Claude -nome d’arte-, dopo una pubblicistica già intensa su più versanti di linguaggi e mezzi espressivi, ha voluto dare seguito con una trilogia (Il pane e i pesciScritti spirituali giovanili, citazioni, appunti, aforismi (1980-2010)Scritti cristiani per la gente di ColognolaLa spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld nella sua vita) a un’opera di riflessione che abbracciasse l’esperienza, il vissuto personale e sociale nel quartiere di Colognola (Bergamo), ove egli vive, e la pubblicazione del primo scritto scientifico, la tesi di dottorato in Storia della Teologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Sacro Cuore di Milano. C’è sempre un ritorno, sia esso il paese sia il tempo degli studi.

Con questa operazione si evidenziano non solo l’eclettismo, la vivace poliedricità di Sottocornola, ma anche la volontà di esplicitare la propria weltanschauung. Non che nelle altre produzioni non fossero in gioco la visione della vita, i fili conduttori, le fonti vitali, ma qui in una opera omnia si racchiude il suo mondo, si dischiude il suo ‘io’, cui l’autore dedica una interessante interpellazione tra le Varie del 1986 (“Lettera al Sé”): un io preso da tanti impulsi di azione e da un bisogno di conferma. Poco prima, il “Dialogo interiore” aveva espresso l’urgenza della ricerca di Dio, affermando una costante del suo pensiero: l’amore non si possiede, ma si dona.

Sul versante formale, nel presente volume de Il pane e i pesci mi pare interessante fare notare l’operazione di citazionismo, il “bricolage” del tagliare e ricomporre frammenti di memoria, suggestioni dell’anima. Le prime pagine sono quantitativamente abbondanti, poi negli ultimi anni, si assiste a una riduzione-rarefazione dei contenuti: testi epigrammatici, folgorazioni, sintetiche immagini. Anche qui c’è un ritorno a Nugae, Nugellae.

L’elemento religioso assume non minore importanza perché le pagine sono scandite non solo dalla data del calendario civile, ma quasi sempre anche dal nome del santo del giorno. La dimensione non di una vaga e indefinita religiosità, ma della fede cristiana, in cui il Sottocornola è stato educato e nel cui humus trova ispirazione e fondamento, vale ad avvalorare la caratteristica sapienziale prima nella vita e poi nello stile. Sapienza nel senso di una virtù-fondamento che conduca l’agire pratico dell’uomo nella sua esistenza. Ricerca su Dio, sul destino umano, sull’anima, sul bene e sul male: tutto diventa occasione di riflessione e di annotazione. In varie occasioni, il testo diviene preghiera personale: ”O Signore, risento i canti di quando ero un ragazzo… e capisco che già allora tu stavi lavorando in me… E credo che non devo considerare niente di ciò che è costato da parte mia sforzo per trovarti, per non perderti, come inutile…”, “O Gesù, tu non vuoi che io faccia il saltimbanco, ma che io impari ad amare, e questo io non so farlo…” (Varie 1985). In un altro passaggio dice: “Ogni uomo deve essere Sacramento di Dio “ (21 settembre 1995).

Se il citazionismo è la cifra del Post-moderno teorizzato da Lyotard, quale fine di un sapere unificante, riconducibile a una realtà coerente o alla riduzione della realtà a simulacro, a codice, a modelli (Baudrillard), il nostro autore, pur operando con diversi modelli, si inscrive in una visione che rinvia alla Filosofia Ermeneutica, dove il soggetto vive in una dimensione circolare di apertura alla realtà esterna e al Trascendente. Lo scrittore afferma in The gift, opuscolo-dono agli studenti al termine degli studi liceali: “E il post-moderno con il suo pensiero debole ci ha aiutati a cogliere quanto questa identità sia intelaiata e strutturata da un’infinita serie di rimandi, dettagli, di focalizzazioni in cui alto e basso, sacro e profano, accessorio, dettaglio e sostanza si intersecano, scambiano e danzano” (p. 16). Da qui nasce l’invito “ad aprire le finestre” del proprio io per una esistenza di cura, di relazione fino alla scoperta della relazione delle relazioni.

Il libro può essere considerato un bildungsroman, dove il Sottocornola, attraverso i diversi passaggi delle età, esprime un progetto sapienziale per il suo vivere. L’autore scrive nella Introduzione (“Itinerario di formazione”) di aver dato corpo ad abbozzi, ferri del mestiere lasciati nel magazzino delle cose nell’arco di trent’anni, dalla giovinezza all’età adulta. In quella notazione egli capiva che già si erano accese “una mozione del cuore”, “una opzione dell’anima”. La raccolta conclude con un imperativo: “Nulla è sicuro, ma scrivi” (citazione da Franco Fortini, 21 agosto 2010, S. Pio X papa). Il presente scritto dà corpo a quelle intuizioni.

L’autore aveva annotato la domenica 31 agosto 2008: “Aliis contemplata tradere” (“Condurre gli altri a ciò che si è contemplato”), citato da S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II, II,188, 6c. Anche con questo aforisma, il cerchio si chiude attorno al comando evangelico perché nulla vada perduto.

Il pane e i pesci, vol. III° – Scritti spirituali giovanili, citazioni, appunti, aforismi -, Introduzione di Giancarlo Carminati

 

Una vita cercando l’ineffabile

Recensire un volume di citazioni, aforismi, appunti, programmaticamente frammentario e pure snodantesi sull’arco di un trentennio, non è cosa facile. Si potrebbe procedere per assaggi, e sceverare i riferimenti alla spiritualità, alla filosofia o alla letteratura che lo attraversano e impreziosiscono, oppure soffermarsi su una parte del percorso e analizzarla.Per parlare di “Scritti spirituali giovanili, citazioni, appunti, aforismi”, ultimo volume della quadrilogia “Il pane e i pesci” di Claudio Sottocornola (Editrice Velar), pensatore dall’approccio interdisciplinare, preferiamo soffermarci sul metodo che l’autore ha seguito nello svolgere la propria riflessione sul senso della vita, nutrita da abbondanti riferimenti biblici, teologici e filosofici, a partire dagli anni ’80, quelli dell’università, per approdare all’oggi.

E il metodo è divergente, sicché a citazioni di San Paolo e Raimon Panikkar, ne seguono altre di Piergiorgio Odifreddi, il “matematico impertinente”, o del controverso regista Woody Allen, a mistici come Teresa di Lisieux e Charles de Foucauld si accostano un maledetto del rock come Jim Morrison o un performer come Roberto Benigni… mentre la riflessione dell’autore, annotata anno dopo anno, dalla giovinezza alla maturità, confronta, argomenta, dipana, a ricostruire una sintesi, una “visione” il più possibile unitaria della esperienza vissuta.

Così entriamo nel pieno della concezione ermeneutica di Sottocornola, per cui “i concetti sono come chiodi e puntine, dei mezzi”, atti ad esprimere il mistero della realtà, tanto intenso quanto ineffabile e, quindi, avvicinabile solo tentando la mediazione degli opposti, la sintesi dei contrari, l’ascesa al “più alto grado di universalità possibile”.

Un’altra modalità nella costruzione del lungo percorso esistenziale che l’autore propone è il graduale, progressivo, inesorabile passaggio dal bisogno giovanile di appartenenza, e quindi di sicurezza, al desiderio, più abramitico e maturo, di libertà. Così, se il linguaggio è inizialmente più attento al “canone”, e frequenta assiduamente il Nuovo e Antico Testamento, in particolare i Vangeli, Paolo e la Lettera ai Romani, il Pentateuco, i Salmi e i Testi sapienziali, la maturità si apre agli apporti divergenti e interculturali di Heidegger, Panikkar, Mancuso e tanti altri, dimostrando una passione per la ricerca, che procede attingendo dovunque si palesino germi di verità e valore.

Non c’è alto e basso, sacro o profano, immanente o trascendente, materiale o spirituale, perché “tout se tient” e la luce sembra attraversare ogni piega dell’essere per testimoniarne la densità ontologica.
Il concetto che a fine lettura si impone, come leitmotiv della silloge, è quello, caro a von Balthasar, della “gloria” come cifra esplicativa della vita e del suo senso, nella consapevolezza, come voleva Oscar Wilde, che “il mistero delle cose non è l’invisibile, ma il visibile”. E, conclude Sottocornola: “Tanti anni di nichilismo culturale e sociale ci hanno abituati al discorso dell’assenza e del non-senso come prioritario nella lettura della condizione umana. Ma forse è giunto il tempo di riacquistare consapevolezza della gioia e della pienezza che traboccano dalle cose, dalla vita e dalla sua consapevolezza. Un immenso mistero di bellezza, verità e bene che anche il più piccolo pulviscolo cosmico implica, evoca, suggerisce…”. Un invito a guardare l’orizzonte, continuando ad appassionarsi del cammino e delle sfide che ci attendono, che volentieri accogliamo in questi tempi di incertezza e disorientamento.

Famiglia in dialogo, novembre-dicembre 2011
di Augusta Dentella