“Nugae, nugellae, lampi”

RITORNO AL FUTURO PER SOTTOCORNOLA:
VIAGGIO NEL TEMPO ALLA RICERCA DELLE ORIGINI

Che una raccolta di liriche possa seguire un ordine cronologico è cosa assodata, ma che l’autore decida di realizzare tale ordine all’inverso, partendo cioè dall’ultima poesia scritta per arrivare alla prima, è decisamente più insolito. E’ quanto ha realizzato Claudio Sottocornola con “Nugae, nugellae, lampi” (Editrice Velar, 2009), 42 poesie e 42 tavole fotografiche che ci portano in un viaggio a ritroso dal 2008 al 1974, dal docente di oggi (l’autore è ordinario di Filosofia e Storia e docente di Storia della canzone e dello spettacolo) allo studente di ieri, perché l’autore ritrova e propone, nella seconda parte della raccolta, il suo “quaderno di liceo”, con le speranze, le rabbie, le utopie di quegli anni ’70, qui condensate in versi che spaziano dall’elegia alla canzone all’invettiva.
Ma “quaderno di liceo” è anche il sottotitolo che Sottocornola ha voluto dare all’intera raccolta, quasi che il viaggio a ritroso, con la sua prospettiva mitica alla ricerca del fondamento, riveli, nel partire dalla scuola, in fondo un destino e una vocazione: è infatti prevalentemente dall’aula di un liceo che ancor oggi l’autore – questa volta appunto come docente – guarda, osserva, esplora la realtà. E quindi, paradossalmente, “quaderno di liceo” è termine che si può applicare anche all’esperienza matura del poeta-professore.
Ma, al di là dell’apparente continuità, il cammino rivela, proprio come nei miti spesso accade, un lungo percorso di evoluzione e trasformazione, una “metamorfosi” che va ben oltre il passaggio dal ruolo di studente a quello di docente, per cui dal sogno utopico forse un po’ marcusiano della giovinezza, dal desiderio insomma di cambiare l’ordine “ingiusto” del mondo, l’autore perviene nella maturità a una posizione più heideggeriana, di paziente auscultazione dell’essere, di sapiente accordo delle proprie risonanze per esserne cassa di risonanza fedele, di strenua tensione a cogliere ogni possibile “rivelazione” di una verità che – come voleva il “taoista occidentale” – si dà per flash, bagliori, intuizioni, improvvisi “lampi” appunto.
Ecco, qui, una parte del significato che è possibile rinvenire nel titolo della raccolta poetica. Ma questi “lampi”, parola italiana di immediata decodificazione, si associano nel titolo stesso ai due termini latini “nugae” e “nugellae”, che l’autore ha scherzosamente assunto dal Petrarca, il quale chiamava proprio così – sciocchezze, bagatelle – le liriche in volgare del suo “Canzoniere”, ritenendole in certo qual modo secondarie rispetto alla sua produzione in latino.
Dunque la scelta del titolo rivela nell’autore l’intenzione di considerare le poesie di “Nugae, nugellae, lampi” come “rime sparse”, qualcosa di frammentario, quasi incompiuto, un indulgere, per esempio, a stati d’animo di malinconia, accidia, indeterminatezza e, spesso, nella giovinezza, di rabbia e furore per come le cose si presentano, ma poi, entro la medietà dell’esperienza quotidiana e del linguaggio, specie nelle composizioni più mature, ecco bagliori improvvisi, lampi, luci che a volte quasi sinistramente, altre come gioiosa effusione di veritas, squarciano il cielo livido, generano brividi e vita, lasciano intendere, forse, un senso, annunciano vere e proprie, improvvise, inaspettate rivelazioni…
Ma forse l’autore chiama “nugae, nugellae” questi versi anche perché dichiara l’esplicita intenzione di considerare questa silloge una integrazione della precedente “Giovinezza… addio. Diario di fine 900 in versi”, la corposa raccolta di poesie, quasi “romanzo di formazione”, pubblicata nel 2008, che raccoglieva poesie dal 1974 al 1994, da cui però erano escluse le composizioni più recenti e quelle giovanili più aspre e critiche, in nome di una maggiore “medietà” che quella raccolta animava.
Ora invece il puzzle si ricompone, e la fisionomia poetica di Claudio Sottocornola rivela nuove sfaccettature, per esempio la tensione etico-sociale della giovinezza, che si appassiona ai temi del potere (come nella poesia omonima, “Il potere”, coi suoi rimandi macbethiani…), dell’alienazione e dell’utopia nella civiltà occidentale di fine ‘900 (“Che succede a Palazzo?”), della giustizia nel rapporto Nord-Sud del pianeta (“Utopia”). Mentre, dal punto di vista stilistico, l’autore si esercita nella maturità con straordinaria efficacia nel genere degli haiku (una bella poesia sull’intimità domestica, si intitola proprio “Gli haiku”), lavorando per sottrazione, alla conquista di una “misura aurea” che restituisca una essenzialità assoluta, in cui la parola emerge dal silenzio come ninfea sull’acqua, sulla scia di quella sensibilità hedeggeriana che testimonia la metamorfosi non già solo dell’autore, ma dei tempi, e del “tempo storico”.
Se poi alla precedente raccolta Sottocornola allegava un cd con canzoni pop, rock e d’autore registrate fra il 1994 e il 2001, nel corso della sua ricerca sulla canzone in Italia, reintrepretate in modo originale e non convenzionale, qui ci sorprende con ventuno scatti fotografici, tratti dal percorso “Il giardino di mia madre e altri luoghi” (presto mostra e dvd), anch’esso viaggio primigenio negli elementi della natura e del paesaggio, dal mare alla neve a quel “giardino” che è ricordo, lascito, memoria e scrigno della madre mancata in anni recenti. Scatti di paesaggi, di età, di stagioni che rivelano un’anima, un senso profondo, una vita intima che la natura e il mondo possono restituire quando guardati con occhio vigile e attento…
A questi scatti di Sottocornola autore, si aggiungono gli scatti di altri autori, Maraffa, Limoli, Lombardi fra gli altri, che ritraggono il filosofo-poeta a partire dalla maturità per giungere all’adolescente delle prime poesie. Un’operazione sapiente, di cesello e restauro, di creazione e documentazione, fra sogno e storia, fra storia collettiva e storia personale, fra ieri e oggi, questa raccolta va letta, sfogliata, guardata, percorsa nei due sensi, assaporata nei colori e nelle forme, nelle parole e nei suoni, nei ritratti e nei paesaggi che, incastrando le più disparate prospettive sulla realtà e ribaltandone le tradizionali prospettive temporali, costituisce un viaggio di riscoperta e riappropriazione del proprio mythos fondativo.

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