Antonio Falcone

Il pane e i pesci, ovvero “del Dio condivisibile”

Dopo il saggio The gift – Il dono, Claudio Sottocornola presenta ora Il pane e i pesci (Editrice Velar), opera in tre volumi, La spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld nella sua vita, Scritti cristiani per la gente di Colognola, Scritti spirituali giovanili, citazioni, appunti, aforismi, cui si aggiunge un libretto introduttivo, My status quaestionis 2010, vera e propria guida per un affascinante viaggio nel tempo, all’insegna della variabilità di forme e modalità espressive, filosofiche e teleologiche certo, ma sempre concretamente immerse nel quotidiano; l’autore focalizza il punto estremo di una ricerca sempre in divenire, volta a recuperare memoria e senso della spiritualità, al di là dell’ormai stanca dicotomia dell’ essere o non essere credenti, spingendoci piuttosto ad interrogarci sulla natura della nostra fede, se questa abbia caratteristiche tali da permetterci di superare il più gretto individualismo.

Dalla sua tesi di laurea su Charles de Foucauld, dettagliata e scorrevole analisi dell’esperienza spirituale di questa singolare ed affascinante personalità, difficile da inquadrare in una precisa categoria, considerandone l’austerità nella condotta di vita, la sua imitazione di Cristo, la preghiera, l’adorazione eucaristica e nel contempo il contatto con la gente, il cercare di comprendere altre religioni (Islam) senza proselitismi o forzature, passando per la raccolta antologica dei suoi articoli scritti fra il 1983 e il 1994 per L’Angelo in Famiglia, i particolari riferimenti alle esperienze di volontariato nell’ambito del quartiere di Colognola in Bergamo, arrivando allo zibaldone creativo-formativo che ci accompagna, tra pensieri e riflessioni, dal 1980 al 2010, Sottocornola evidenzia in primo luogo una crisi dei valori, che inizia proprio negli anni ’80, sottolineando poi la reazione di una Chiesa che, nonostante le aperture di Giovanni Paolo II, risponde a ciò arroccandosi sugli scranni istituzionali e dottrinali, rendendo sempre più drammatico il grido di dolore se oggi abbia ancora senso parlare di Dio e della sua esistenza.

In una società ormai villaggio globale e prona a logiche edoniste di mercato, l’homo ludens, come lo definisce argutamente Sottocornola, ha bisogno di riscoprire, di riappropriarsi della sua spiritualità, ma non si può pensare di attuare ciò contrapponendo al pensiero unico di matrice consumistica capitalistica quello espresso da una religiosità confessionale integralista (islamica, protestante, cattolica), non vi è una religiosità “mia” o “tua”, la coerenza dei valori non può divenire una forma di intolleranza, occorre essere consapevoli che il pluralismo non nega l’unità, evolvendo da una fede meramente confessionale ad una fede che si tramuti in fiducia, in spirito e forza di relazione esistenziale: non a caso l’autore cita le parole volte da Gesù al centurione che gli chiedeva la guarigione della figlia, “và la tua fede ti ha salvato”, la fede cioè di quanti, istituzionalmente, non l’avevano ed erano malvisti, appartati dal resto della comunità.

Una volta riscoperta una religiosità autentica ed unitiva, la si potrà riscontrare, come evidenziato nel corso della narrazione, tanto nell’ ateo che nell’agnostico: il primo la esprime nel negare la trascendenza di Dio, per sostituirvi l’ assolutezza di ciò che si può vedere e toccare, ricercando valori etici nel bene politico e sociale, il secondo, di fronte all’ intensità e alla ricchezza offerte dalla realtà, conscio del mistero, esprime comunque il suo credo dicendo “non so né saprò mai”; ogni religione ha il suo apporto culturale da decodificare e contemplare, un linguaggio che parla di Dio, ma un Dio lontano dal testo catechistico, dal santino idolatrato, che sa farsi sia uomo tra gli uomini, sia Padre che si aspetta e pretende dai suoi figli non il sacrificio, ma la misericordia, il rispetto per se stessi e conseguentemente per gli altri, per il prossimo.

Un Dio, in sostanza, condiviso e condivisibile da tutti, pur nella diversità di concezioni, nomi e credo o anche al di fuori di tale esperienza, che può personificarsi e rendersi vivo nel ricercare il senso del bello ormai perduto: come Gesù esortava dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci a raccogliere quanto avanzato, secondo il Vangelo di Giovanni, perché non andasse sprecato, così la lettura di questa bella, intensa, trilogia invita ognuno di noi ad adoperarsi per far sì che non si disperda quanto ci è stato generosamente offerto nel moltiplicare quel poco messo a disposizione.

Sunsetboulevard.com, 28.6.2011

di Antonio Falcone

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