Augusta Dentella

Per riscoprire Charles de Foucauld

“Se mi si parla di studi, spiegherò che mi piace moltissimo restare fino al collo in mezzo al grano e nel bosco, e che provo una ripugnanza estrema per tutto ciò che tendesse ad allontanarmi da quest’abiezione nella quale desidero sprofondare sempre più…”. E’ in questa lettera del 4 novembre 1891 a Marie de Bondy che cogliamo quanto di più vitale attraversa lo spirito del grande mistico ed esploratore francese Charles de Foucauld, nato nel 1858 a Strasburgo da una famiglia aristocratica, rimasto orfano di entrambi i genitori nel 1864 e allevato dal buon nonno materno, Colonnello de Morlet. Le vacanze estive, trascorse dalla zia Ines Moitessier a Louye, accrescono il suo affetto per la cugina Marie de Bondy, che lo introduce al culto del Sacro Cuore e gli regala forse la più intensa testimonianza di cosa la Grazia possa compiere in un’anima ben disposta (sono anche i temi del capolavoro cinematografico “The tree of life”, di Malick). Queste ed altre notizie troviamo ne “La spiritualità eucaristica di Charles de Foucauld”, primo volume della trilogia “Il pane e i pesci” (ed. Velar), recentemente pubblicata da Claudio Sottocornola, una indagine sul sacro fra spiritualità, giornalismo e biografia, che qui narra, in pagine di grande suggestione, il percorso di un uomo dall’autosufficienza all’abbandono in Dio.

Così, dopo una giovinezza inquieta, ed una educazione agnostica impartitagli da insegnanti buoni ma indifferenti in materia religiosa, dopo una fugace e contrastata carriera militare, avventure galanti alternate a letture classiche e illuministiche, una eroica esplorazione del Marocco che gli vale la medaglia d’oro della Société de Géographie… ecco la folgorazione (un’esperienza alla André Frossard?): il ritorno in Francia, fra i suoi parenti, quello che è rimasto della “sua” famiglia, e il ritrovamento della cugina, Marie de Bondy. “Mi hai attirato alla virtù con la bellezza di un’anima in cui la virtù mi era parsa sì bella che aveva irrevocabilmente rapito il mio cuore…”, affermerà Charles nel Ritiro di Nazareth del 1897.

E la Storia, a partire da quel momento, è davvero un’altra per Charles, che scavato da un Amore oblativo di tipo assoluto, ricercherà, attraverso un rapporto sempre più radicale ed esigente con il Mistero che lo scava e lo attrae, una forma di vita che lo avvicini a quella del Maestro e Modello: ecco la Trappa (ma lì ormai si condiscono gli alimenti con burro e olio e Charles si chiede “Dove va la povertà?”), e poi il servizio presso le Clarisse di Nazareth, ove elabora e matura quella “vita nascosta”, che si specificherà sempre più nella dimensione della Adorazione eucaristica, come condivisione della vita di Gesù nella Sacra Famiglia, il desiderio di una “spiritualità dell’Imitazione” che, connaturale a chi ama, deve condurre al massimo della rassomiglianza con colui che si ama, Gesù povero operaio misconosciuto da tutti, infine la resa al Sacerdozio ministeriale, come massima adesione al ministero salvifico di Gesù, in quella dimensione pubblica per cui Charles non si sentiva portato, ma che gli avrebbe consentito ulteriore spesa e rinuncia di sé. E’ allora il momento del Sahara francese, della Fraternità di Beni- Abbès e del villaggio di Tamanrasset, avamposti ove Charles de Foucauld tenta la via del radicamento in una realtà circoscritta e periferica come segno del più grande amore. Morirà ucciso da predoni il 1 dicembre 1916. In Francia, la sua Unione di laici conta 49 membri, che costituiscono il tramite storico con le fondazioni che verranno. Oggi la sua eredità, fra laici, preti e religiosi, è raccolta da ben diciannove famiglie in tutto il mondo, mentre innumerevoli sono coloro che alla sua spiritualità moderna, profetica ed essenziale si ispirano nella loro vita quotidiana, che la Chiesa ha ulteriormente suggellato con la beatificazione, avvenuta nel 2005 ad opera di Benedetto XVI.

Famiglia in dialogo, luglio-agosto 2011

di Augusta Dentella

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