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Anni ’60
Si intitola ‘Anni ’60′ la terza parte del nuovo progetto web del ‘filosofo del pop’: giovedì 31 maggio sul sito www.claudiosottocornola-claude.com sarà visibile la lezione-concerto dedicata ad un periodo in cui si affacciavano alla ribalta personaggi come Bob Dylan e Allen Ginsberg, Andy Warhol e Lou Reed (continua…)

La lunga estate degli anni ’60

Ci sono nella storia umana età che perdono il loro carattere contingente e determinato e si caricano dei significati del mito, col suo potere evocativo, catartico e aggregante. Tali sono, per esempio, l’età di Pericle in Grecia e il Rinascimento italiano.

Il ‘900, “secolo breve”, viene di solito identificato con la tragedia delle due guerre mondiali, con i totalitarismi, con i fenomeni di resistenza e liberazione connessi alla loro caduta. In questo senso “mito” diviene quanto a tali tragedie e tali totalitarismi si è opposto, all’insegna dell’arduo cammino verso libertà, democrazia, contemporaneità.

Solo da poco si è incominciato a storicizzare il secondo Novecento, quello che a lungo è stato passato prossimo, una dépendance dell’attualità, cui si negava l’onore della storia con la s maiuscola. Ora, quindi, Scopriamo che più generazioni hanno vissuto “l’altro Novecento”, quello che affonda le sue radici nel boom economico degli anni ’50 e, soprattutto, nella rivoluzione culturale degli anni ’60. Che indubbiamente vengono a costituire un’altra età dell’oro, che ha il suo baricentro fra New York e San Francisco, in quell’America ove si affacciavano alla ribalta, prima dell’attualità e poi del mito, personaggi come Bob Dylan e Allen Ginsberg, Andy Warhol e Lou Reed e dove cinema, letteratura, rock e arte varia si fondevano nell’elaborazione di un modello culturale che sarebbe diventato “planetario”.

L’Inghilterra contribuiva invece con la beatlesmania, le minigonne alla Mary Quaint e le prime modelle androgine alla Twiggy alla rivoluzione culturale che sarebbe dilagata in tutta Europa. Anche in quella Europa mediterranea, che forse era la più cauta ad adottare i nuovi stili di vita (la RAI rifiutò di riprendere i Beatles nella tournée italiana giudicandoli un fenomeno del tutto marginale…!) ma che ne sarebbe stata travolta.

E la lunga estate degli anni ’60 germinò i fenomeni più vari, dallo jé-jé al flower-power, dal beat al cinema d’autore italiano, nel cui ambito Michelangelo Antonioni esplorò il mondo della cultura pop, rock e studentesca, in capolavori come Blow-up, Zabriskie-Point, Professione Reporter.

Ho letto una lettera di una signora a un quotidiano che dichiarava: il mondo di oggi è orrendo, mi sono chiusa in casa con tante videocassette sul cinema, la musica e la televisione degli anni ’60 e ’70. Ecco un’altra età mitica, in cui ci si riposa, come su una spiaggia, delle fatiche e delle contraddizioni dell’oggi, ove tengono banco delitti del giorno, questioni di spread e le diverse forme del degrado politico, sociale, televisivo.

L’età degli anni ’60 poi non si era limitata a elaborare nuovi modelli culturali e artistici, ma aveva generato fenomeni sociali, come la protesta dei campus americani contro la guerra in Vietnam, le lotte per i diritti dei neri e le prime forme del femminismo. Tutto ciò si era riverberato nei movimenti degli studenti e nella contestazione che aveva coinvolto Parigi, Berlino, Milano, Roma…, con le sue aspirazioni marcusiane di “portare l’immaginazione al potere”.

Inutile dire che, in quanto tale, il mito trascende il dato. La siepe e il colle sul quale Leopardi scrisse “L’infinito” ci appare un dato “povero”, ma è la trasfigurazione che suscita tale dato a generare riposo e poesia.

Così, nessuno vuole interpretare univocamente un decennio come quello degli anni ’60, che pure ha conosciuto gli strascichi della “guerra fredda”, l’equilibrio del terrore, uno sviluppo economico dell’Occidente a partire da un rapporto certamente poco trasparente con il Sud del mondo, che ora presenta il suo conto. Eppure è innegabile che quel decennio – e lo dichiarano le continue rivisitazioni cinematografiche, televisive, letterarie, musicali… – in cui tanti giovani sono cresciuti senza guerre e con uno standard economico di sostanziale benessere, ispirati a ideali magari ingenui, ma autentici, di non-violenza e creatività, in cui, soprattutto, i rapporti umani erano ancora aperti e contrassegnati dalla fiducia, dal bisogno e dall’impegno… ci mancano, e da lì attingiamo non solo uno sguardo nostalgico, ma la speranza di un futuro possibile.

Claudio Sottocornola

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