Arianna Cammarota

“Il giardino di mia madre”

Il video si apre con una varietà di suoni di sottofondo: il canto di uccellini e rumori che ricordano la natura, simili a dei fruscii, per poi sovrapporsi ad una melodia suonata al pianoforte che accompagnerà tutto il filmato come una costante.

L’immagine di una donna anziana si riflette nelle nostre iridi: è la madre citata nel titolo che è venuta a mancare.

Sullo sfondo nero spicca la parola “interno”, dando il via allo scorrere di diapositive raffiguranti fotografie delle stanze di una casa; sono stanze arredate, ma delle quali si percepisce un vuoto umano, sono vuote come il senso che la scomparsa della signora ha certamente lasciato.

La musica si fa più dolce, come per evocare l’amore e la cura che lei metteva nel coltivare il giardino.
Le voci degli uccellini fanno sì che lo spettatore si illuda di camminare per quel giardino attraverso le fotografie, perdendosi nella natura e lasciando spazio alle proprie riflessioni interiori.
La melodia diventa malinconica e dolce allo stesso tempo, esprime un senso di vuoto ma anche il pensiero affettuoso del ricordo.

L’attenzione passa a un balcone, in particolare a una pianta su un tavolino; magari ha un significato particolare.
Le immagini comprendono ora soggetti più ampi; interi cespugli, interi spazi, sentieri, del giardino.
Si può immaginare la signora camminare per questi luoghi, magari intenta a bagnare i fiori o a reciderli.
La musica si interrompe dissolvendosi piano, per poi ripartire con il tema principale, insieme al canto degli uccellini.
Compaiono particolari di fiori e piano piano le immagini si fanno appannate: forse per indicare l’annebbiamento che le lacrime causano quando si pensa a qualcosa di triste.

Il soggetto ora è il cielo e si nota il passaggio delle diapositive dal crepuscolo alla notte, con l’immagine della luna.

“Neve”. Ora scorrono immagini di un quartiere della città, di neve sporca e di uno strato sottile, scene di quotidianità.                                                                                                                     L’attenzione si sposta sulle immagini di una colonia al mare: il titolo è “Ritorno al mare”.
Infatti narra di un ritorno in un posto per Claudio significativo: il luogo in cui trascorreva le vacanze estive in colonia , come si soleva fare negli anni ’60.
Nelson Mandela disse che “nulla è come ritornare in un posto rimasto immutato per capire il modo in cui abbiamo cambiato noi stessi”: le case, la spiaggia, le cabine, il bosco in cui da piccolo Claudio giocava con gli altri bambini appartengono al passato, ma sono ancora lì, ed è inevitabile che i ricordi affiorino davanti a tutto ciò.
Forse gli edifici sono un po’ invecchiati, ma anche chi ci ritorna è cresciuto: nonostante il tempo sia passato, trascorra e continuerà a scorrere, rimarranno per sempre il ricordo e le emozioni immortali che esso suscita.

E’ la volta ora di immergerci negli U.S.A. degli anni ’70.                                                                          Non ci appaiono fotografie solo di luoghi ora , ma anzi sono sempre più popolate da persone: ci sono scene in famiglia, il natale, immagini che suggeriscono un’idea di unione familiare, cosa che al giorno d’oggi spesso manca.   Poi seguono immagini di una partita a football, posti famosi e caratteristici come la Statua della Libertà, la Casa Bianca, visioni quasi aeree della città.
Quello che più mi ha colpito è stata una fotografia panoramica della “Grande Mela”, c’erano ancora le Torri Gemelle. Segue poi China Town, un quartiere a sé, un altro mondo.

E ancora la musica e il canto degli uccellini rimangono invariati: forse per ricondurci al lontano giardino che si trova oltreoceano , in cui i ricordi e le sensazioni hanno origine.
Le viste panoramiche sono paesaggi immensi , dei quali non si scorge la fine oltre i grattacieli, ci troviamo così in mezzo all’infinito.
Per concludere il viaggio negli Stati Uniti ci abbandoniamo alla tristezza che trasmettono le fotografie di una partenza.

E’ giunto il momento di riattraversare l’oceano e raggiungere Pompei, in Campania, in una sezione chiamata “Archeo”.
Immagini di rovine , vegetazione, paesaggi straordinari, il sole, una zona in restauro e le “statue” di lava solidificate di persone pietrificate nella tragica notte in cui la città trovò la sua fine.
Come il giardino, quei luoghi sono deserti.

“Sud”.  Più si viaggia verso il meridione più ci si rende conto di quanto sia differente la realtà e l’ambiente.
Le case sono povere, semplici, le vie deserte.
Il sole con i suoi raggi illumina tutto e stanca con il suo calore.
Il mare, le onde che si infrangono sulla riva e intanto la melodia continua.
Un “Paradiso Perduto”: immagini di paesaggi desolati, spiaggette che mi ricordano Capo Vaticano, in Calabria.

Succedono a ciò fotografie di Roma, che sappiamo essere datate 2007. Non rappresentano però, come ci potremmo aspettare, monumenti famosi, ma strade piene di gente, dandoci ancora una volta la sensazione di confonderci nell’ambiente.

Come una giornata che volge al termine, il filmato si conclude con una serie di tramonti, la fine del mare (le onde infrante sulla riva) e il giungere della sera.

La colonna sonora lentamente si allontana….”….ciao….”

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