Dario Franchi

La prima cosa che mi viene in mente

La prima cosa che mi viene in mente come storico dell’arte che ha interiorizzato le immagini della propria esperienza visiva in campo artistico sono le immagini del tardo Monet (le più famose sono le cattedrali) quando la figura rappresentata perde i suoi connotati ottici e fotografici per assumere la dimensione dell’immagine della “memoria”. Certo a fine ’800 sarebbe sembrato paradossale che questo avvenisse utilizzando come mezzo proprio la macchina fotografica, concepita comunemente come il mezzo più efficiente per riprodurre la realtà. Ma in questo caso è molto significativo che le immagini che Claudio Sottocornola ha scattato siano state ottenute per mezzo di un vecchio cellulare Nokia, che noi oggi non esiteremmo a definire mezzo obsoleto e superato. È un caso evidente di coerenza “stilistica” tra il mezzo usato e le sensazioni che si comunicano. Immagini di un quartiere di Bergamo oggi periferia anonima, non vissuta ma solo attraversata, mentre invece un tempo, al tempo della giovinezza, era ancora paese con una sua umile vitalità. Sì frammenti di memoria che sottolineano il cambiamento, il senso di estraniazione, ma anche il bisogno di ricordare con la sfocatura del tempo. Quanto siamo lontani non solo dalla rappresentazione oleografica della periferia, ma anche dalla concezione vitalistica di una improbabile “città che sale” di futuristica memoria. Più che l’idea del confine, del confine tra città e campagna, le immagini mi fanno pensare all’idea della ”fine”, fine della città, positivisticamente pensata come luogo di lavoro e socializzazione, fine della campagna, come luogo della natura e del piacere del tempo libero; forse la definizione che più si avvicina a quelle immagini è quella del “non luogo”, ovvero di un sito che ha perso la sua identità senza assumerne un’altra. E che dire di quei lampioni che producendo un effetto flash aumentano la sensazione di estraniazione, e che dire della prospettiva della strada che finisce nella notte o della minacciosa presenza di una gru senza vita. La notte che si avvicina, resa ancor più buia dai lampioni accecanti, sembra una metafora che prefigura un futuro sconosciuto. L’effetto estraniante non cambia per l’apparente animarsi prodotto dalle luci (e dai clacson che si immaginano) frutto dell’eccitazione di una partita di calcio: l’umanità che sfreccia sotto l’abbaglio dei lampioni negli scatti volutamente tagliati e capovolti di Claudio Sottocornola non ha identità, si “sgrana”, si dissolve in balenio di luci come l’ambiente circostante. Anche le fotografie scattate a Locri ripropongono il tema della memoria, con immagini che perdono i contorni, con le dissolvenze prodotte dal buio notturno, ma qui il degrado è meno appariscente, anche se nelle foto del lungomare si percepisce il senso estraniante tipico delle località marine fuori stagione. Escono da questa logica le foto della spiaggia e del mare con la luna in lontananza, dove siamo al confine tra immagine visiva e astrazione, anche perché in questo caso la sgranatura evidenzia una texture esteticamente attraente. Belle anche le inquadrature, che costruiscono composizioni fatte di pochi elementi, equilibrati, eleganti e poetici. Evidentemente in questo caso il dolore della perdita di una vita che non c’è più non ha cancellato il piacere di Claudio Sottocornola di guardare il paesaggio cogliendo elementi di composizione, forma, colore e luce che hanno una loro bellezza, al di qua della dimensione della memoria.
Dario Franchi
* Laureato in Lettere, docente di Storia dell’arte presso la Terza Università di Bergamo e in vari corsi di aggiornamento per docenti e aspiranti all’insegnamento, già ordinario di Teoria del restauro e Beni culturali all’Accademia di belle arti “Lorenzo Lotto” e al Liceo artistico sperimentale di Bergamo. È condirettore della collana di poesia ed arte Lavorodopo presso la Camera del Lavoro dal 2005 al 2011, membro della Commissione artistica del Cimitero civico dal 2007 al 2019 ed attualmente della Commissione comunale delle biblioteche cittadine di Bergamo.

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