di Claudio Sottocornola
Mi sono accorto molti anni fa, come docente di Materie Letterarie nei licei, che un metodo efficace per raccogliere adeguate informazioni su attitudini, interesse e motivazioni dei miei alunni poteva essere sottoporli ad una esperienza atipica rispetto al loro vissuto scolastico abituale, che normalmente mi rimandava messaggi univoci, ove emergevano le abilità degli uni (sempre gli stessi) e le difficoltà degli altri (sempre gli stessi).
Ho così provato a diversificare, interpellando gli allievi rispetto a competenze e abilità normalmente ignorate, disattese, emarginate rispetto alle richieste e alle consegne scolastiche correnti, relative per esempio all’ambito della percezione sensibile, dell’intuizione estetica, della valutazione olistica dell’esperito, della creatività ed originalità personale nella elaborazione di nuovi accostamenti linguistici, simbolici e semantici in genere.
Per far ciò sono andato cercando brani musicali di genere diverso (classico, pop, jazz, techno, dance, new-age, world-music…) e dalla lunghezza di non oltre cinque minuti, li ho poi associati a termini o concetti riferibili alla dimensione archetipica e dal particolare valore evocativo, come “neve”, “fuoco”, “pioggia”, “quaderno di scuola”, “Ferrari rossa fiammante”, “autostrada”, “mare”, “campo di calcio”, “adolescente”, “madre”, “tempio”, ecc… Ho poi proposto ai ragazzi tale associazione, e cioè poniamo l’ascolto del Secondo Concerto Brandeburghese di Bach e la parola “neve”, con la consegna di sviluppare ogni associazione di idee che tale rapporto suscitasse in loro, secondo una connessione libera e spontanea, ricordando loro preventivamente che non dovevano porsi restrizioni di verosimiglianza o opportunità semantica in tale attività espressiva, ma esprimersi nella più completa libertà in rapporto alla propria percezione, esperienza, vissuto, fantasia… Poi, cambiavo il pezzo e proponevo, che so, “The rhythm of the night”, un brano dance di quegli anni, e lo associavo ad altro termine, come “Ferrari rossa fiammante”, e così di seguito. Davanti agli alunni un foglio bianco, ove annotare parole e frasi, anche graficamente diversificate secondo la scelta personale, per ogni grappolo di associazioni relative a un brano.
Intanto devo dire che già la consegna, insolita e presentata in modo non semplicemente ludico, ma didattico, disorienta positivamente i ragazzi e li predispone ad una esperienza in cui porranno una concentrazione nuova, particolare e talvolta entusiasta, poi è giocoforza ricordare che porsi di fronte a un concetto in un’ottica creativa e libera, a fronte della sensazione di obbligo e regola che inibisce talvolta l’espressività dei ragazzi a scuola, è un’esperienza che inciderà sul vissuto degli allievi, i quali impareranno a percepirsi non solo come oggetto di legislazione grammaticale, tecnica o scientifica, ma bensì come soggetti a loro volta ordinatori, capaci di creare un cosmo, un universo semantico caratterizzato da una armonia e finalità kantianamente intese, ove l’attività è quantomeno pari alla recettività in dignità e valore.
Infine devo sottolineare che, per me come docente, i risultati di tale approccio sono stati sorprendenti e incoraggianti: allievi che scrivevano svogliatamente gli elaborati tradizionali, ingessati e goffi nel loro tentativo di adeguarsi alle regole o epidermici e formalistici nell’obbedire alle consegne, qui rivelavano capacità di intuizione estetica, associazioni di idee, narrazione o sguardo lirico che non avrei mai immaginato. Inoltre non c’era specularità fra le attitudini di allievi che rivelavano standard buoni nella scrittura tradizionale e questi risultati, ove spesso erano premiati gli alunni meno disciplinati o metodici, apparentemente più inclini a discipline di tipo tecnico o pratico, e in realtà, forse proprio per questo, più capaci di sintesi, spontaneità, approccio olistico, meno convenzionali nella loro espressività.
Negli anni ho imparato a diversificare la proposta, con canzoni, poesie, immagini, e lascio ad ognuno immaginare quanti e quali mezzi abbiamo a disposizione per proporre esperienze di questo genere ai nostri alunni, dal cinema alla pubblicità, dai fumetti ai video-clip, dal web ai video-game alla storia dell’arte in genere. E tuttavia voglio sviluppare qui più approfonditamente una esperienza recente che ho praticato e che ripeterò quest’anno nella accoglienza delle classi terze in un liceo scientifico bergamasco, fondata sul medesimo criterio citato, ma specificata e finalizzata diversamente, anche in relazione alle discipline che insegno ormai da anni, Filosofia e Storia.
Ogni anno i docenti delle classi terze si trovano ad affrontare il difficile compito di traghettare i ragazzi da un Biennio, sempre più condizionato dai mutati parametri sociologici relativi alla Secondaria di Primo Grado, a un Triennio che dovrebbe avviarli verso competenze più adulte, preuniversitarie o preprofessionali. C’è bisogno, soprattutto, di fiducia nell’operato dei nuovi insegnanti, di un certo “abbandono” alla nuova didattica e di un generale mutamento di prospettiva metodologica e conoscitiva. Per il docente, è essenziale avere subito un quadro d’insieme delle classi, ormai sempre più affollate e con ragazzi spesso provenienti da sezioni diverse, in ordine non solo al rilievo delle competenze acquisite (cosa che già si fa), ma anche e soprattutto alle potenzialità implicite in quanti, magari carenti dal punto di vista disciplinare anche per ragioni oggettive e non dipendenti dalla loro volontà (discontinuità didattica, per esempio…), potrebbero tuttavia rivelare predisposizioni e/o motivazioni alte.
Ancora una volta, il coinvolgimento in una attività insolita, non oggetto di valutazione, che solleciti l’apporto integrale di tutte le facoltà conoscitive ed espressive del soggetto, lasciandolo libero di decidere il grado di coinvolgimento e in parte la modalità, può rivelarsi di eccezionale valore didattico, disciplinare e, soprattutto, formativo. Confesso qui, a opportuno chiarimento circa la genesi di questo mio approccio, che in questo ordine di proposte mi sento avvantaggiato dal fatto di esprimermi anche artisticamente, e in modo pubblico, utilizzando musica, poesia, immagini. Un corollario forse non essenziale, ma a mio parere rilevante dal punto di vista formativo nel rapporto fra docenti e allievi, credo sia infatti l’esperienza di un continuum fra quanto l’insegnante propone in classe e quanto elabora nella sua esperienza culturale in genere: i miei ricordi scolastici più belli sono relativi, soprattutto, al mio maestro delle elementari e al mio professore di filosofia del liceo, entrambi individui in cui era difficile distinguere fra vita e didattica, perché tutta la loro didattica era improntata alla e dalla vita, dedita per entrambi a studio, ricerca, espressione anche pubblica di valori culturali soffertamente perseguiti, elaborati e applicati poi anche in classe. Così, tornando alla mia esperienza, ho realizzato nel maggio 2010 una mostra itinerante e un dvd multimediale, “Il giardino di mia madre e altri luoghi”, una proposta di 250 scatti di giardino e paesaggi, esposti dapprima nella ex-chiesa di San Sisto in Colognola a Bergamo, poi presso il Centro Culturale “Don Milani” di Zanica e quindi, in estratto, alla Mediateca “Armando La Torre” di Siderno in Calabria, con un percorso ancora aperto. L’archivio delle immagini in dvd propone galleria e slide-show della ricerca, testi critici sulle immagini della giornalista, esperta di design ed estetica del giardinaggio, Lidia Zitara, della giornalista e scrittrice Francesca Grispello e del critico Luca Catò, oltre a una mia introduzione che salda storia personale e ispirazione artistica. Combinazione vuole che, proprio nel medesimo periodo la mia scuola sia stata oggetto di una duplice sperimentazione fra docenti e Giardino Botanico di Bergamo, così che per l’intero anno scolastico sono state assegnate alla scuola piante in vaso da accudire e salvare per la bella stagione, mentre alcuni studenti e docenti hanno promosso una attività di valorizzazione degli spazi verdi presenti nel grande cortile della scuola, con seminagioni di nuove specie, innaffiatura, potatura e valorizzazione di piante esistenti. In questo contesto il tema del “giardino” è diventato occasione e strumento per parlare di valori, come la cura e la responsabilità, correlati all’insegnamento della Filosofia, ma anche della Educazione Civica, e più in generale idoneo a far parlare e riflettere su ambiti come l’impegno scolastico, la “misura” dello sforzo e la “proporzione”, condizioni della salute e della efficienza anche in ambito scolastico (in perfetta armonia con le finalità della settimana di accoglienza), senza contare che, fra proposta delle immagini, elaborazione di un testo critico da parte dei ragazzi e presentazione da parte del docente della sua esperienza personale e creativa, l’attività ha permesso agli interlocutori una conoscenza reciproca altrimenti conseguibile solo su un lungo periodo. Ma vediamo come il tema del “giardino”, come metafora di cura e impegno, si è articolato in una attività concreta.
Dopo il solito giro conoscitivo, in cui l’insegnante chiede agli alunni di presentarsi ( io di solito chiedo anche di indicare interessi, gusti musicali, letture preferite, ecc.), e dopo la mia presentazione, in cui inizio a comunicare ai ragazzi il tipo di ricerche interdisciplinari in cui sono coinvolto e la inevitabile ricaduta che esse hanno sul lavoro che faremo insieme, lo scorso anno ho colto l’occasione della uscita del dvd e dello svolgimento della mostra “Il giardino di mia madre e altri luoghi”, patrocinata dal Sistema Bibliotecario del Comune di Bergamo, dalla Associazione insegnanti di Geografia e dal Blog di estetica del giardinaggio “Giardinaggio Irregolare”, per mostrare in classe agli allievi lo slide-show, non prima però di aver presentato genesi e motivazioni dell’opera. Ho così spiegato che la improvvisa perdita di mia madre, a seguito di un errore diagnostico, mi ha indotto a ricordarla in un modo che potesse avere un valore universale, e perciò non esclusivamente personale, ed ho pensato al giardino come luogo appunto della cura e dell’amore che lei ha espresso, non solo verso le piante ed i fiori che amava, ma, per esempio, anche verso le persone, dedicandosi per lunghi anni attivamente al volontariato. Ho quindi illustrato che “gli altri luoghi” che appaiono nel percorso sono quelli del mondo, che possono essere “umanizzati” proprio dalla medesima cura che caratterizza l’accudimento di piante e fiori, e che quelli proposti sono relativi a viaggi ed esperienze archetipiche importanti per me, come il paesaggio invernale di Bergamo, la mia città, o gli Stati Uniti negli anni ‘70, quando vi trascorsi un anno come “exchange student”, o ancora del Sud mediterraneo nelle abbaglianti estati delle mie vacanze, Roma invasa dai turisti sullo sfondo del Colosseo e di Trinità dei Monti, e poi le Isole, come luogo mitico e primordiale ove tornare per il riposo e la rigenerazione… Infine, ho sottolineato il valore della “cura” (parafrasando Battiato e ricordando l’esperienza di volontariato di mia madre), in relazione a quanti amiamo e alla possibilità di rendere il mondo un posto migliore. Ho anche fornito alla classe del materiale relativo a recensioni e a presentazioni della mostra, perché in questo caso, al contrario di quanto può sembrare, fornisce spunti divergenti e, nella ricchezza dei diversi modelli proposti, esemplifica agli studenti le infinite piste che possono seguire nella lettura delle immagini. Dopo avere detto agli allievi che potevano realizzare una loro personale recensione dello slide, con approccio libero ed espressivo, realizzavo le condizioni ambientali migliori per una fruizione del percorso di immagini in classe. Occorre sottolineare che le immagini presentano una dissolvenza di sette secondi ed una permanenza di uno, con un effetto davvero ipnotico di “impermanenza”, e la sensazione che esse si trasformino lentamente le une nelle altre, sovrapponendo paesaggi invernali, lune, fiori e grattacieli di Manhattan, mari cristallini e ombre minacciose sulla sabbia arroventata del Sud. La colonna sonora prescelta è poi una rielaborazione de “I Pattinatori”, brano classico di Waldteufel, reinterpretata per l’occasione dal musicista Ruggero Bosso e rallentata sino al limite del possibile, come tutta la sequenza visiva. Inutile sottolineare che per i ragazzi l’effetto di suggestione, ma anche di straniamento, è totale: abituati ai montaggi iperveloci dei loro video-clip, avvertono la provocazione estetica e si immergono in un mondo rarefatto e quasi privo di consistenza materiale, che io definisco una specie di esperienza zen. Al termine della visione, la consegna di scriverne sotto forma di recensione, in modo libero ed anche in rapporto al materiale che la Biblioteca di Colognola in Bergamo, promotrice dell’evento, vuole raccogliere sulla mostra, archiviare, ed eventualmente segnalare. Ecco solo qualche estratto…
“Pian piano, da un luogo familiare curato e protetto, si passa a nuovi posti tutti da scoprire, ma sempre con lo stesso criterio: cogliere ciò che non tutti ‘vedono’, eliminare le cose che ci si aspetterebbe di vedere su una rivista e immortalare ciò che invece è in grado di trasmettere qualcosa in più…E’ evidente che un luogo non è bello solo per le cose che materialmente ci sono, ma diventa speciale nel momento in cui scopriamo la presenza di elementi, anche apparentemente banali, che ci trasmettono particolari emozioni, che magari ci fanno sentire un po’ a casa tanto li sentiamo in accordo con noi stessi e ci permettono di associarvi dei ricordi: in questo modo quel luogo diventerà anche un po’ ‘nostro’…” (Alice).
“La nascita di un fiore in un giardino, a meno che non sia selvatico, determina necessariamente la cura di qualcuno che ogni giorno nutre la pianta e le dona il suo tempo, in cambio questa si offre allo sguardo in tutta la sua bellezza. Chi guarda la sequenza ha la possibilità di vedere i fiori da diversi punti di vista, proprio per la molteplicità degli scatti prodotti su un solo soggetto. Oggi però non tutti rispettano la natura, e anzi la contaminano con i loro rifiuti, non preoccupandosi delle conseguenze disastrose che ciò comporta. Quindi è bello che al centro di molte di queste foto il soggetto sia sostanzialmente naturale, mare, giardino o semplice pianta… La coesistenza poi dell’uomo con la natura si intravede spesso: nel vaso di fiori, nel vialetto cementato del giardino, nelle piccole costruzioni di legno in spiaggia, nelle abitazioni che costeggiano il Vesuvio… In queste immagini si vede che gli elementi artificiali, quando non sono eccessivi, si accostano a quelli naturali integrandovisi. In contrasto, ci sono però paesaggi dove l’uomo ha completamente preso il sopravvento, per esempio negli scatti di New York, dove i grattacieli si sovrappongono gli uni agli altri, suscitando un senso di soffocamento: questo probabilmente è il futuro del nostro pianeta se continueremo a utilizzarlo per i nostri comodi” (Federica).
“Il giardino si presenta come un luogo familiare, un qualcosa di caro. E’ curato dalla mano dell’uomo e per questo diventa luogo del ricordo, attraverso la cui vita questa memoria continua a esistere. Suggerisce pace e tranquillità, una serenità che diventa quasi irreale quando è innevato. Pullula di vita, una vita uguale e diversa. Le immagini sfumando si trasformano in altre, creando un effetto suggestivo fino a diventare ipnotico quando si susseguono fotografie dello stesso soggetto, ma da diversi punti di vista. Sembra quasi sottolineare che tutto passa, perché nessun momento è uguale a un altro. Ma non importa quanto luoghi o persone possano cambiare, perché il significato che attribuiamo loro e interiorizziamo rimane… In fondo si è consapevoli che prima o poi arriva il momento del tramonto e per quanto sia grande la terra ritorniamo sempre a quella che chiamiamo casa” (Ulyana).
“Proprio le parole ‘giardino’ e ‘madre’ contenute nel titolo creano un’immagine viva, quella cioè di una donna che, sotto il sole, con i guanti alle mani ed un velo di sudore sulla fronte scava piccoli solchi per piantarvi fiori, pota piccoli ramoscelli ed infine, dopo ore di lavoro, osserva il risultato dei suoi sforzi, con soddisfazione e magari con un po’ di timore in cuore, timore che le sue piante non sopravvivano al freddo della notte o che il troppo caldo possa seccarle, oppure che arrivi un temporale a scuoterle… Osservando mostra e titolo è bello il parallelismo tra la madre che crea un giardino e lo cura e la stessa madre che dà la vita al figlio, lo accudisce, lo fa crescere e lo rende esperto supportandolo ad ogni passo. E proprio quel figlio, quel germoglio ormai adulto – ormai albero – ha passato i suoi temporali, li ha superati – ‘Ritorna un temporale / a turbare di nuovo / questo cuore, che / evidentemente, vive / ancora’ (C. Sottocornola, Nugae, nugellae, lampi) – ed ora gira il mondo e fotografa momenti e paesaggi che lo hanno segnato, luci che lo hanno impressionato e volti che porta nel cuore, rendendoli in certo qual modo eterni” (Morgana).
“La musica struggente e malinconica è l’elemento unificante di questa raccolta di ricordi dedicata alla madre. Richiama l’anima che si perde nella vita del giardino, luogo ‘vissuto’ dei tempi passati: giardino fiorito di rose, di fiori blu e gialli ai piedi di un albero, efflorescenza di colori primaverili. Primule gialle, cinguettio, sole che scalda e terra verde sono la continuità della vita che torna, segno che la morte è vinta da quella natura che si attacca agli oggetti come un’edera verde. E tra gli alberi luce e aria. Il giardino, chiuso da un cancello, è un luogo di unione tra il passato e il presente; inaspettata una porta semiaperta: non è necessario che sia spalancata perché lo spirito della mamma rientri nella casa che tornerà a vivere nel ricordo… Intensi luoghi della mente” (Gianmarco).
“Sicuramente la prima cosa che si nota nella sequenza ‘Il giardino di mia madre e altri luoghi’ è la lentezza nello scorrere delle immagini: ciò, anche se in alcuni tratti può apparire impegnativo per chi è abituato alla velocità dei viaggi in rete, consente tuttavia di poter contemplare a fondo le immagini e di coglierne i profondi significati simbolici. Inoltre, la musica che si ripete sempre identica, quasi ipnotica, risulta estremamente adeguata ai contenuti che propone la presentazione. Trasmette infatti in modo efficace una certa nostalgia per qualcosa di lontano e ormai passato. Ciò si nota molto bene soprattutto nelle immagini degli Stati Uniti e delle colonie al mare negli anni ’60, ricordo d’infanzia. Nella sezione ‘Back to the 70’s in the U.S.A.’ viene illustrato molto il vivace mondo americano degli anni ’70 con le caratteristiche case prefabbricate, gli stadi del baseball e i grattacieli della ‘Grande Mela’. Infine, particolarmente significativa ho trovato la prima parte, quella del giardino. In esso, ben curato ed armonioso, si avverte comunque una profonda tristezza per l’assenza di chi ha dedicato la sua vita a quel luogo… Una onnipresente forza vitale pervade però ancora, anche se invisibile, l’intera composizione, donandole un vigore del tutto imprevisto, quello della vita che continua a sgorgare in forme sempre nuove e inaspettate…” (Michele).
Come si vede anche dai piccoli estratti citati dal consistente archivio ricavato dall’esperienza, i risultati appaiono davvero soddisfacenti. In forme diverse, o mediante brevi flash accostati liricamente, o in forme più strutturate, come vere e proprie recensioni giornalistiche, i ragazzi si lasciano andare alla suggestione delle immagini, evocano emozioni e pensieri, riflettono (è, in parte, il tema della mostra) sulla vita e sulla morte, e meditano sulla propria vita, realizzano inoltre una esperienza estetica sia nella percezione che nella scelta espressiva e nell’accostamento dei termini e delle immagini che vogliono evocare, sono coinvolti in un confronto con l’esperienza del docente, e con la propria, che risulta infine molto stimolante per entrambi, esprimono se stessi in modo molto più rivelativo che non attraverso test e domande strutturate. Si abituano a un confronto con la cultura che non è solo relativa a oggetti lontani nello spazio e/o nel tempo, ma presente e viva. Se la settimana di accoglienza deve poi consentire ai ragazzi di familiarizzare con il nuovo percorso scolastico e, soprattutto, i docenti, e deve consentire all’insegnante di raccogliere dati significativi su studenti con cui lavorerà tutto l’anno, ebbene allora la proposta di visione, analisi e commento di contenuti estetici, che fanno appello alla sensibilità e al vissuto degli allievi, è una forma assai efficace di conoscenza, di introduzione al dialogo educativo, di umanizzazione della esperienza scolastica.
Per inciso, i materiali raccolti sono poi stati archiviati ad opera del sistema bibliotecario urbano, mentre molti ragazzi hanno partecipato, insieme alle famiglie, ad una lezione-concerto del docente in relazione alla inaugurazione della Mostra al Centro Culturale “Don Lorenzo Milani” di Zanica (BG), ove hanno potuto seguire direttamente e dal vivo il percorso delle immagini esposte.
E’ possibile richiedere il DVD “Il giardino di mia madre e altri luoghi” alla CLD-Claude Productions, al seguente indirizzo di e-mail: claudio1759@interfree.it . Contributi possono essere devoluti, per attività di volontariato nell’ambito dell’assistenza sociale, alla Conferenza di Colognola in Bergamo della Società di San Vincenzo de Paoli, della quale Angela Belloni Sottocornola, cui è dedicato il percorso di immagini, è stata Segretaria dal 1975 al 1990 e Presidente dal 1990 al 1994.
Ecolenet.it,14 settembre 2011