Una “modernità classica”, il fascino di “Eighties/’80s”

di Dario Franchi

Nel titolo dato da Claudio Sottocornola a questa serie di collages creati nel
1981 con ritagli di riviste, titolo che usando il latino allude alle laudi di
francescana memoria e usando l’inglese allude alle mode linguistiche della
modernità, è esplicitata tutta la volontà dell’autore di mescolare sacro e
profano, cultura alta e cultura popolare, cultura antica e cultura
contemporanea.
E’ quello che in effetti Claudio Sottocornola sostiene di voler fare nelle sue
interviste quando manifesta la volontà di superare la contrapposizione tra
cultura tradizionale e cultura di massa, dando dignità culturale a
manifestazioni effimere (qui è la pubblicità delle riviste a costituire il materiale
di base) e inserendo elementi di cultura tradizionale (l’ordine compositivo, la
citazione di opere famose) nei pastiches fotografici che ci vengono proposti.
L’operazione artistica compiuta da Claudio Sottocornola è analoga a quanto
egli farà in anni più recenti in campo musicale:recuperare brani musicali
d’epoca, assai noti a livello popolare, farne una lettura critica, ma anche
reinterpretativa, in una sorta di revival, dove il confine tra documentazione
d’epoca e ri-creazione è assai labile o indistinguibile.
Anche questi manifesti fotografici dell’inizio degli anni ’80 sono una
testimonianza di un’epoca ormai storicizzabile, immagini pregnanti di una
società, un modo di vivere che ha trovato nella pubblicità il canale ideale per
manifestarsi; ma questi collages sono anche assemblati in modo creativo,
esteticamente significativo e perciò essi ci comunicano la personalità dell’allora
giovanissimo autore, la sua visione ottimistica in linea con la filosofia degli
anni ’80.
Per noi consumatori del ventunesimo secolo, disincantati cultori di blob
televisivi, spettatori impotenti di quotidiane banalità e volgarità, i collages di
Claudio Sottocornola non hanno un effetto dissacratorio, ma costruttivo:
siamo infatti lontani dalle distorsioni tipiche dell’immaginario espressionista o
cubo-futurista, così come siamo lontanissimi dai collages dirompenti e
anticonformisti di marca dadaista e neodadaista. Colpisce chi ha vissuto
quegli anni anche l’assenza di immagini di forte impatto politico o sociale come
se la cultura figurativa popolare, che l’autore indaga, rifuggisse dal fotografare
soggetti troppo problematici o drammatici.
Forse è questo lo scotto che si deve pagare all’immaginario della cultura
figurativa di massa, che dovendo passare attraverso le fotografie dei rotocalchi,
ci restituisce un’immagine edulcorata della realtà. E’ la stessa ambiguità della
pop art americana degli anni ’60 che ci propone immagini e oggetti giunti al
termine del ciclo di consumo mediatico o materiale, in una sorta di critica
implicita all’eccesso di consumismo (?), e, nello stesso tempo, crea nuove
suggestioni, nuove composizioni, inattese ripetizioni, dove la dimensione
estetica e del piacere fine a se stesso si fa spazio in ambiti ignoti alla cultura
figurativa tradizionale.
I collages riprodotti in questo CD sono in effetti una specie di “laude” del
figurativo degli anni ’80: immagini belle e attraenti che comunicano vitalità,
leggerezza, movimento, espansione, i cui contenuti figurativi non prevalgono
mai sulla bella forma, sulla ricerca della composizione armonica ed
equilibrata, sulla ricerca di un ordine che sistema l’eccesso di immagini,
sull’esigenza insomma di valorizzare la dimensione estetica di gusto “classico”.
Non è certo un caso che le molte fotografie di capolavori artistici riguardano
opere di autori classici come Michelangelo o Parmigianino (con qualche
citazione di classici moderni come Picasso e Guttuso) e non artisti
contemporanei d’avanguardia, per i quali, da tempo, le finalità estetiche
avevano ceduto il passo a finalità espressive, esistenziali o concettuali spesso
di sgradevole impatto visivo e quindi non comprese dal grande pubblico. E là
dove compaiono immagini “americane”, per esempio una strada dritta e
interminabile, questa è collocata in posizione centrale in un rigoroso reticolo di
orizzontali e verticali.
In questa “modernità classica”, in questo equilibrio tra effimero e ordine sta, a
mio parere, il segno e il fascino dei collages “80′s/eighties” di Claudio
Sottocornola.

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