Un percorso iniziatico nel museo della vita
Man mano che procedevo nella lettura di “Giovinezza… addio, diario di fine ‘900 in versi”, scritto dal docente di storia e filosofia Claudio Sottocornola, mi sono trovato immerso in un percorso del tutto nuovo per me. Se, inizialmente, l’approccio ad una raccolta di poesie non suscitava alcun interesse in me, devo dire che, terminata la lettura, sono rimasto sorpreso da quanto avevo appena appreso. Ciò che rende interessante l’opera è la sua struttura a prosimetro. Non avendo letto l’introduzione al testo non sapevo che mi sarei presto calato nelle vesti di coprotagonista di un viaggio, o meglio, percorso, che l’autore vive in prima persona.
L’impressione del lettore è quella di visitare un museo, dove in ogni sala è stata sapientemente raccolta una tematica, simbolo di una fase della giovinezza del protagonista. All’ingresso c’è la vita dell’autore, che aiuta ad inquadrare ciò che poi si vedrà e, in qualche modo, a capirlo.
Subito dopo si entra, e si viene circondati da quadri le cui immagini sembrano immortalate dalla mente di un bambino che, per la prima volta, vede il mondo. Si nota chiaramente, come dice l’autore stesso, l’intento di fissare con le parole il proprio cuore.
La stanza successiva è dominata da un maggior disordine. La ricerca, al centro, unico punto fisso, è la chiave di ogni opera. Il lettore, qui, sembra essere investito da un’unica domanda: qual è il significato della vita? La frenesia, l’insistente desiderio di conoscere il fine ultimo della propria esistenza, diviene sempre più forte fino a culminare nell’evento che più, a mio parere, ha segnato la vita dell’autore: la morte del padre.
“E ciascuno dovette accettare di vivere giorno per giorno, e solo di fronte al cielo”. Queste cupi parole si leggono incise sull’architrave della porta successiva. La porta che conduce “alle soglie del Mistero della Resurrezione”.
Dopo questo turbinio di emozioni, tanto intense quanto rivelatrici di un dolore profondo, il lettore improvvisamente si imbatte in una sala completamente bianca che, nella sua luminosità, è ferma e immobile. “Anni di trepidazione e preghiera” sono racchiusi in questa atmosfera eterea. La vicinanza alla religione e ai misteri della fede sono il punto d’inizio della “costruzione” della persona: solo ora, superata l’incertezza e i dolori iniziali, l’autore può guardare al mondo con speranza e fiducia.
L’armonia domina la stanza successiva, luogo dove un uomo cammina in mezzo alla folla; ora, però, non si sente oppresso da domande e problemi esistenziali: è ristorato da sguardi, sorrisi e voci. Quale è la fonte di questa sinfonia? La poesia, abilmente trovata nella vita quotidiana. Dall’atemporalità degli scritti religiosi, si passa dunque ad una dimensione contemporanea.
La sala successiva, infatti, è tappezzata con colori accesi e slogan che urlano la vittoria della globalizzazione. L’arancio, il rosso, il giallo, i flash del paesaggio pubblicitario sono immagini di Pop art, di miti contemporanei e di vita quotidiana; così ci si immerge tra litografie di Andy Warhol e immagini di Betty Boop, canzoni di Rita Pavone e concerti di Michael Jackson, povere periferie e rumorose metropoli.
I quadri, che il lettore vede subito dopo, narrano di un mondo che, seppur porta gioia con sé, non deve essere assolutizzato, in quanto “il mondo dei segni si ribella a chi vuol ridurre la realtà a segni”. Questo verso molto attuale sembra rinviare al vocabolario odierno: semplificato e causa di una comunicazione ridotta a logo. L’autore, però, fa sorgere spontanea una domanda: se forma e superficie sono il motore scatenante di pensieri e azioni, che ruolo ha l’amore in tutto questo?
È proprio l’amore il filo conduttore che guida il lettore nell’ultima stanza. Qui vediamo un autore, che volge le spalle a ciò che è stato, seppur conscio che il suo percorso lo ha portato a importanti constatazioni, e, nell’ultimo quadro, viene avvolto dall’oscurità. E’ forse questa la fine di tutto? Rassegnazione? No, il buio è rischiarato dai fari delle auto: la luce è portatrice di conforto, dimostrazione che nella vita non bisogna mai arrendersi, proprio perché a momenti felici se ne possono alternare di tristi che, a loro volta, torneranno ricchi di gioia.
Anche il viaggio del lettore è giunto alla fine, ma, come il protagonista, all’uscita è arrivato cambiato. Costui, e soprattutto un ragazzo come me, che non ha avuto l’occasione di vivere quegli anni, ha potuto cogliere immagini, colori, suoni e profumi di una parte della storia che ha portato il nostro paese ad essere quello che ora è, e le persone ad essere quello che ora sono.
Anche il lettore, quindi, ha svolto un percorso di formazione che l’ha visto partecipe della vita, dei sentimenti e soprattutto dell’evoluzione dell’anima del protagonista, il quale, con evidente amarezza, è arrivato a dire addio alla propria giovinezza, ma con una certezza: la speranza nel futuro perché, in fondo, non si può rinunciare ad amare, soprattutto la vita.