Stillicidio italiano

Burocrazia malata: il mio traumatico rapporto con l’INPS

di Claudio Sottocornola

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Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.
(Inf. III, v. 9)
 
Confesso che non sono entusiasta di dover scrivere le righe che seguono: mi occupo di filosofia e non inclino a denunciare tutte le disfunzioni, le anomalie e talvolta le aberrazioni che interfaccio nella mia vita quotidiana di italiano, a fronte di una pubblica amministrazione elefantiaca, persecutoria e inetta. Ci passerei la vita. Ma questa volta è doveroso, nel caso, anche solo per aiutare quanti vivono la medesima frustrazione e sensazione di impotenza, e non sanno come e con quali mezzi esternarla, mentre l’apparato, fra ignoranza, ignavia e pigrizia, celebra i propri fasti digitali (la famosa amministrazione sexy voluta dal ministro Brunetta), che in realtà hanno eretto un ulteriore muro quanto a comunicazione e trasparenza nel rapporto coi cittadini.

Ma veniamo al dunque, precisando che racconterò vicende personali solo ed esclusivamente per il loro valore paradigmatico rispetto a una riflessione che occorre promuovere per una maggiore consapevolezza pubblica, e suggerendo pazienza nella lettura, che volutamente segue le sinuosità di un infausto pellegrinaggio nella burocrazia italiana, a cavallo fra Kafka, Pirandello, ma anche Dario Argento, perché di uno spaventoso thriller alla fine si tratta.
 
Sono entrato in pensione, a seguito di una lunga e continuativa attività di insegnamento come docente di Filosofia e Storia, con la famosa quota 100, a partire dal 1° settembre del 2021. Dopo essermi rivolto ad un sindacato nazionale, che mi ha consigliato di agire in prima persona, data la semplicità della procedura (in realtà, io credo, perché il volontario addetto era uno scansafatiche), il 29 settembre ho inoltrato domanda per ottenere il certificato di quantificazione agevolata del TFS (Trattamento di fine servizio), che l’INPS garantisce entro tre mesi dalla richiesta. Con tale certificato è poi possibile rivolgersi alle banche che hanno aderito all’accordo quadro con la pubblica amministrazione, ed ottenere una parte dell’indennità maturata senza attendere i tempi ordinari, piuttosto penalizzanti per chi ha aderito alla suddetta quota 100, ovvero il compimento dei 67 anni di età. Dopo aver inoltrato la domanda ho atteso pazientemente i 90 giorni previsti per la lavorazione, in modo da permettere all’INPS di espletare tutte le incombenze relative alla pratica stessa. Scaduto tale termine, non avendo ricevuto certificazione alcuna, contatto l’INPS, come previsto dai protocolli vigenti, e ottengo la seguente risposta via mail: Salve, dal momento che non sono stati inviati i documenti dalla Sua amministrazione per il calcolo del TFS, non è possibile evadere la pratica. Cordiali saluti (NON SEGUE alcuna firma di alcun funzionario e la mail è NO-REPLY, dunque non consente alcuna interlocuzione con l’ufficio preposto, a meno di ricorrere al numero verde INPS, da me infinite volte contattato, i cui operatori dichiarano però di non conoscere nulla delle relative pratiche, e che al massimo rinviano ad un successivo appuntamento telefonico, di cui darò conto in seguito).
 
Anche se ritengo scorretto, come dipendente pubblico, che la pubblica amministrazione segnali a me una inadempienza che la riguarda – e cioè il mancato invio dei documenti per la certificazione, da parte della mia scuola, che è espressione del medesimo apparato pubblico – mi attivo giocoforza personalmente per segnalare la cosa alla scuola stessa, in modo che provveda all’invio dei documenti. Dalla segreteria del liceo mi segnalano insormontabili difficoltà: è la prima volta che il Provveditorato agli Studi rinvia la ricostruzione della carriera dei docenti che entrano in pensione alle singole scuole, per le quali costituisce un impegno oneroso, anche a fronte della scarsità di personale e della contingente pandemia di Covid 19. Mi si consiglia di telefonare periodicamente alla scuola stessa per avere notizie in proposito, cosa che faccio mensilmente, incoraggiando l’impiegata preposta a non perdersi d’animo e, quando può, a prendere in mano le pratiche relative alla ricostruzione della carriera di noi docenti, entrati in pensione con la fine dell’anno scolastico precedente. L’impiegata mi confida le sue difficoltà a far fronte a un lavoro per lei nuovo e aggiuntivo rispetto a quello abituale e ci diamo appuntamento telefonico al mese successivo. In tal modo, finalmente, dopo varie chiamate, sollecitazioni, incoraggiamenti, arriviamo all’invio dei documenti e alla definizione della pratica fra maggio e giugno, sei mesi circa oltre il termine previsto per la sua definizione. Eppure siamo solo agli inizi di una nuova odissea…
 
Il giorno 8 giugno 2022 infatti ricevo più mail dall’INPS, tutte rigorosamente NO-REPLAY (a parte quella che chiede il Codice IBAN), nelle quali mi si comunica contemporaneamente: 1) che è in corso di definizione la pratica di TFS, 2) che la domanda è stata accettata, 3) che è stata istruita e certificata. Mi si rimanda alla mia pagina personale on line, che però, dopo innumerevoli tentativi di visualizzazione, risulta vuota di qualsiasi ulteriore documentazione. Non essendo un esperto di linguaggio burocratico e amministrativo, e non trovando materiale che mi certifichi altro (nemmeno nella sezione Pratiche), ne deduco che la domanda è stata finalmente presa in carico e protocollata, ma non conclusa nella lavorazione, prefiggendomi di controllare periodicamente se nella pagina personale INPS compaiano i documenti per procedere nella suddetta pratica di anticipo TFS con la banca di riferimento, ma la pagina, mentre ha dati sul mio ingresso in pensione e sui cedolini di pagamento mensili, è muta a proposito del mio TFS. Mi rafforzo nell’idea che i documenti ancora non ci sono e (memore dei tre mesi richiesti, conscio del ritardo della mia scuola nell’invio) attendo almeno fino a luglio, quando su mia richiesta ricevo mail che dichiara la istruzione, validazione e accettazione della domanda, mentre nella mia pagina INPS non risulta ancora alcuna documentazione ed io – può darsi ingenuamente – continuo a interpretare ciò come prova che l’approvazione definitiva della mia richiesta, accettata e validata in quanto tale, è ancora in corso. Superati i tre mesi di attesa, ai primi di settembre, contatto nuovamente l’INPS e finalmente una operatrice non particolarmente gentile, ma almeno attiva, mi segnala che – se voglio rintracciare la documentazione relativa al TFS che mi riguarda – devo digitare, una volta entrato nel portale INPS con il mio accesso personale, la parola PORTALE nella casella della ricerca, e poi andare sulla pagina relativa al TFS. Finalmente posso accedere a una documentazione che avevo cercato in tutti i modi e che era praticamente irreperibile. Ora, io domando: come può un utente immaginare che, per accedere ai propri dati relativi al TFS nel sito ufficiale INPS, debba digitare la parola PORTALE, che non è indicata da nessuna parte e che solo un operatore illuminato può rivelare all’ignaro iscritto? Questo è un esempio palese di come la digitalizzazione può diventare disfunzionale, se gestita da imbecilli, e se si accompagna a una aberrante comunicazione NO-REPLAY, senza possibilità di interlocutorio e chiarificazione.
 
Con la documentazione in mano, mi affretto a chiamare la banca di riferimento che spegne subito ogni speranza di completamento del farraginoso iter burocratico fin lì seguito. Mi si informa che non è stata rinnovata la convenzione fra banche e pubblica amministrazione relativa all’anticipo del TFS, e dunque bisogna aspettare un nuovo accordo. Richiamo l’INPS per avere informazioni più precise in proposito, e mi si fissa un appuntamento telefonico con la sede di Como, responsabile della lavorazione della mia pratica, per il giorno 8 settembre alle 11.30. Il giorno 7, verso le 10.00, mentre mi sto recando in macchina dal medico, ricevo con oltre ventiquattr’ore di anticipo, totalmente fuori giorno e orario, la chiamata del funzionario INPS che mi dichiara essere tutte false le informazioni fornitemi dalla banca, e che i pagamenti sono in corso. Non convinto (in Italia tutto è fluido, enigmatico e incerto…), chiedo ad un’altra banca, che precisa meglio: non è vero che l’accordo non è stato firmato, piuttosto è stato firmato – pare il 12 agosto – ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, e dunque occorre attendere tale pubblicazione per poter procedere; tuttavia, se la pubblicazione non avviene entro il 23 settembre,  a seguito delle elezioni politiche del 25, occorrerà attendere la formazione del nuovo parlamento e governo con la relativa commissione bilancio, dunque almeno gennaio. Nel frattempo, tutti i pagamenti sono bloccati e non si avviano nuove pratiche, informazione esatta che controllo su varie testate specialistiche on line, che smentisce completamente quanto asserito dal funzionario INPS, totalmente ignorante della questione e anche ineducato nel mancato rispetto degli appuntamenti telefonici (infatti, per rimediare, mi richiama il giorno prefissato, questa volta con sole due ore di anticipo).
 
Attendo il fatidico 23 settembre, ultima occasione per la eventuale pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’accordo di cui sopra e, nel frattempo, non riscontrando novità nei siti on line che consulto, mi informo attraverso un nuovo appuntamento telefonico con la sede INPS di Como sulla eventualità, qualora ci fosse da aspettare troppo a lungo, di ricorrere in futuro ad una ipotetica quantificazione ordinaria del TFS, ovviamente molto più svantaggiosa per l’utente, dal punto di vista degli interessi dovuti. La funzionaria, che sembra comprendere pienamente la situazione (ma non dimostra di conoscere il problema della eventuale pubblicazione dell’accordo siglato fra banche e INPS), mi dice che ciò è possibile e che conviene tuttavia io mi informi preventivamente e in via definitiva con le banche per vedere se la quantificazione agevolata può andare in porto, sulla quale – concordiamo ambedue – è preferibile puntare. Dunque la funzionaria mi dà un appuntamento telefonico diretto (altrimenti si cambia sempre interlocutore e si deve ricominciare da zero) per il giorno 4 ottobre 2022, alle ore 10.50. Mi informo nuovamente, come concordato, con la mia banca di riferimento che mi annuncia felicemente: l’accordo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e si può finalmente procedere. Presento dunque i miei documenti alla banca e procediamo con la richiesta. A questo punto diventa persino ininfluente la telefonata prenotata con la funzionaria INPS, ma la attendo per comunicarle che ho potuto finalmente procedere con la richiesta di anticipo del TFS con quantificazione agevolata.
 
Ebbene, ancora una volta, ricevo invece una telefonata totalmente fuori giorno e orario fissati, e cioè non martedì 4 ottobre alle 10.50 ma lunedì 3 ottobre verso le 9.50, da una diversa funzionaria che mi comunica che l’altra impiegata ha fissato per errore un appuntamento allo sportello. Aggiunge che la mia domanda di quantificazione agevolata è stata annullata, non sa bene perché, e che dunque devo ripresentarla – aggiungo io – come se le lancette dell’orologio fossero tornate, nonostante tutta la mia fatica per il buon esito della pratica, a un anno fa. Le faccio presente che la banca sta già procedendo ed è in attesa della risposta INPS (cose che lei non conosce) e lei, in evidente imbarazzo perché non sa come giustificare tale madornale errore, mi promette che mi farà comunque presto richiamare. Vado a controllare sul sito INPS nella mia pagina personale e leggo: DOMANDA ANNULLATA DALL’OPERATORE SU RICHIESTA DELL’ISCRITTO. Penso di avere le traveggole: mai e poi mai ho fatto una simile richiesta. Nessuno, nel frattempo, mi ritelefona.
 
Confuso e nel panico, in assenza di indicazioni precise, segnalo la cosa al numero verde INPS, che si incarica di comunicare sinteticamente il problema come segue:

L’utente ha presentato domanda quantificazione TFS-cessione agevolata: domanda già accettata (l’istituto bancario è in attesa del benestare INPS) ma ad oggi l’utente visualizza a video “pratica annullata dall’operatore su richiesta dell’iscritto”. L’utente fa presente che non ha mai comunicato/richiesto di annullare pratica cessione agevolata (inviata da più di un anno). Si prega di verificare: Grazie e buon lavoro. Segue il mio numero di telefono.

 
Resto in attesa di un contatto o di una chiarificazione che sblocchi la situazione e, invece, ricevo dall’INPS entro i tre giorni previsti la seguente mail: In merito alla sua richiesta [segue numero], le comunichiamo quanto segue: utente contattato telefonicamente fornite informazioni richieste. Cordiali saluti. E invece proprio nessuno mi ha contattato telefonicamente e nessuno mi ha fornito spiegazioni, dunque l’informazione di sopra è completamente falsa. Posso dunque solo immaginare – a fronte dell’accaduto, ovvero dell’annullamento della mia pratica – che qualche impiegato/a INPS abbia digitato qualcosa per errore, magari sulla scorta di una annotazione che rilevava che avevo chiesto informazioni anche sulla quantificazione ordinaria, mentre procedevo a quella agevolata, ma se un tale eclatante errore è stato compiuto, mi sembra ovvio che a rimediare debba essere, per esempio, quella funzionaria con cui avevo un appuntamento telefonico, che potrebbe esserne stata l’artefice (?), e che invece non mi ha più richiamato, probabilmente imbarazzata proprio dall’errore commesso, e non io.
 
La triste sequenza di errori, omissioni, ritardi, inadempienze e approssimazioni non restituisce però ancora adeguatamente il girone infernale che la burocrazia italiana, attraverso l’INPS, obbliga a percorrere quanti devono ricorrere ad essa. Non ho infatti evidenziato il funzionamento perverso del meccanismo di contatto, che impedisce ogni fidelizzazione dell’utente rispetto a un funzionario preposto alla propria pratica, che dunque possa fornire risposte coerenti nel tempo e nello specifico. Se si contatta la sede interessata, nel mio caso quella di Como (anche se io ho sempre vissuto e insegnato a Bergamo), una segreteria preregistrata rinvia al numero verde nazionale. Al numero verde nazionale rispondono operatori sempre diversi che dichiarano di non poter accedere al profilo specifico dell’utente per ragioni di privacy e confessano la non competenza specifica a rispondere ai quesiti proposti (ho verificato che non conoscevano nulla dei problemi, per esempio, di ratifica della convenzione fra banche e ministero), dunque rimandano ad un appuntamento, di solito telefonico, con funzionari addetti alle pratiche che, nel mio caso, hanno addirittura fornito informazioni false o errate, in ultimo, attestando persino una mia inesistente volontà di annullare la domanda di quantificazione agevolata, con grave danno, qualora a ciò non si riesca a porre rimedio immediato, per la definizione di una pratica che, invece dei tre mesi richiesti, si sta ormai protraendo oltre l’anno di attesa, con infiniti solleciti e ritardi. Aggiungo che il sistema di contatto INPS attraverso il numero verde non funziona o funziona malissimo: in primis occorre sempre seguire una davvero lunga trafila guidata da una segreteria preregistrata prima di accedere all’attesa dell’operatore e, non di rado, dopo una prolungata richiesta di attendere in linea per non perdere la priorità acquisita, si viene assai tardivamente informati che gli operatori sono tutti occupati ed occorre richiamare più tardi. Quando si è fortunati e, finalmente, si accede all’operatore, sembra che vi sia una sorta di tempo limite consentito per cui, spesso accade che, dopo pochi minuti, nel bel mezzo di una spiegazione, la comunicazione si interrompe, ed occorre rifare la trafila e quindi rispiegare tutto a un nuovo operatore, che quasi sempre dichiara candidamente la propria incompetenza. Confesso però che, mentre per gli operatori del numero verde appare comprensibile una genericità legata alla loro funzione di tramiti, scandalosa mi pare l’incompetenza dimostrata da quei funzionari preposti alla lavorazione delle pratiche che non solo incappano in errori e inadempienze (dando informazioni sbagliate, non rispettando gli appuntamenti, promettendo chiamate che non arrivano), ma si arrogano il diritto di annullare una pratica attribuendone falsamente la volontà all’utente e, una volta constatato l’errore, svaniscono nel nulla evitando di rimediarvi e, non contenti, dichiarano di avere comunicato  informazioni allo stesso utente, che non è invece più stato contattato e viene lasciato nell’oscurità più assoluta su quanto, a sua insaputa, altri hanno maldestramente deciso. Solo nei peggiori call center che si sforzano di raccattare contratti-truffa, mentendo sulle intenzioni del malcapitato interlocutore telefonico, è forse possibile rintracciare qualcosa di altrettanto odioso.
 
La banca intanto mi sta assicurando di procedere con la richiesta in attesa del benestare INPS, e mentre a questo punto io spero che la disfunzione del famigerato ente nazionale sia tale che l’errore materiale del disgraziato impiegato che ha annullato la mia domanda non sia stato rilevato e registrato dalla memoria centrale della grande piovra amministrativa, comprendo che questo sfortunato Paese si può salvare solo per somme di errori che reciprocamente si annullino, non per il loro emendamento, che credo ormai impossibile. E mi spiace ricordare che il mio rapporto con lo Stato italiano, dopo lunghe esperienze sul territorio, nella scuola, nella sanità e nella pubblica amministrazione, obbedisce al principio dell’evitamento: tutto ok, se ne stiamo alla larga.
 
E l’amministrazione sexy auspicata dall’onorevole Brunetta si rivela per quello che è: l’ennesima illusione che la ragione strumentale, raggiunta l’impeccabilità formale (ovvero, in questo caso, digitale), possa fare a meno di una ragione più integralmente umana, intesa come capacità di orientamento al fine, e dunque come competenza quale espressione di cura e dedizione, attenzione e sollecitudine, nella relazione e nel servizio dell’altro. Qualità, attitudini, orientamenti che non susciteremo mai se ci ostiniamo ad assumere, anche nella pubblica amministrazione, personale robotizzato, selezionato attraverso meccanismi informatici con test a crocette che nulla ci dichiarano della condizione umana di chi vi si sottopone, e della sua idoneità al servizio della medesima condizione umana, rispetto alla quale la posizione che oggi prevale nelle nostre declinanti società occidentali, e nei nostri apparati burocratici, è un gretto e diffuso analfabetismo.
 

Bergamo, 07-08 ottobre 2022

 
Immagine d’apertura: Dante che mostra La Divina Commedia (Domenico di Michelino, 1465)

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