“Il buon storico somiglia all’orco della fiaba: egli sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda”. La celebre frase dello storico francese Marc Bloch è una perfetta chiave d’accesso per comprendere l’opera di approfondimento e divulgazione che Claudio Sottocornola Claude svolge sulla canzone italiana. Un’opera che viaggia tra discipline culturali e mezzi espressivi diversi, che affronta differenti modalità divulgative, che è sorretta da un approccio serio e responsabile. Un’opera dalla quale emergono soprattutto una notevole professionalità, un’irrefrenabile curiosità e una grande passione. Chi è Claudio Sottocornola? E soprattutto, cosa cerca nella canzone? Docente di Filosofia e Storia al Liceo Mascheroni di Bergamo e di Storia della Canzone e dello Spettacolo alla Terza Università di Bergamo, Sottocornola è anche un giornalista molto attento al rapporto tra canzone, storia e costume. Per numerose testate, per la radio e la tv, ha cominciato a svolgere delle “inchieste” sulla storia della canzone italiana, intervistando artisti del calibro di Paolo Conte, Pierangelo Bertoli, Enrico Ruggeri, Milva, Ivano Fossati, Angelo Branduardi e molti altri. Artefice di una visione unitaria del mondo e dell’arte, Claudio ha sentito l’esigenza di superare – rectius: perfezionare – la sua ricerca scientifica e giornalistica, affrontando un nuovo percorso creativo in studio di registrazione: dallo studio alla “manipolazione” della canzone, con la rielaborazione di classici della musica leggera italiana, rivisitati con idee e modalità interpretative nuove. Il progetto ha visto la luce con il ciclo musicale L’Appuntamento (tre cd pubblicati tra 2004 e 2006) e il DVD L’Appuntamento – The Video, che sintetizza il meglio dell’esperienza in studio. L’appuntamento/collection ( 2008) costituisce poi un’ulteriore selezione dalla trilogia. L’oggetto dell’analisi di Claudio è la canzone popolare contemporanea: egli non indaga nei lieder e nelle romanze, né nella composizione colta, ma ha scelto il mondo della popular music, della musica di consumo. In particolare, la canzone italiana nella sua forma più tradizionale, ovvero di composizione breve con lo schema canonico “introduzione-strofa-ritornello-strofa-ritornello-assolo-ritornello”. Una scelta naturale per un uomo del 1959, cresciuto nel post-‘68 con l’amore per i grandi interpreti degli anni ’60 ma anche per il miglior rock, la black music, i cantautori affermatisi negli anni ‘70. Il suo non è un tentativo di “sdoganare” la musica leggera e di intrattenimento: attraverso l’interpretazione, egli intende fare da tramite tra autore e pubblico allo scopo di svelare meccanismi, tensioni, genesi e retroterra della canzone, per valorizzarne il ruolo di fonte storica ma anche di “agente” all’interno dei processi culturali e sociali. Claudio compie un passaggio per certi versi traumatico: dall’illustrazione “scientifica” alla penetrazione completa nella dimensione musicale, egli decide di “mettere le mani nel motore” e interpreta la composizione alla luce della propria personalità, svuotandosi per diventare “canale” e trasmettere un mondo compositivo, sonoro e storico. Dunque nel progetto di Sottocornola il pop non viene liquidato come “genere musicale” ma è studiato come vero e proprio “orizzonte culturale” della contemporaneità. Nella sua opera c’è altro: la centralità dell’interpretazione, che spesso è eccessiva, trasgressiva, ma che ha lo scopo di “neutralizzare” la composizione per consegnare allo spettatore un senso reso attuale, vibrante. Un rapporto osmotico lega la canzone originaria a quella che Claudio restituisce a chi lo ascolta: egli si fa tramite, è il collegamento “umano” tra passato e presente, rende vivo un tassello di storia. La sua è una relazione intima e profonda con il testo, che viene interpretato in modo tale da conferire novità e senso compiuto alla canzone, magari già ascoltata migliaia di volte ma superficialmente, in auto, al computer, dal parrucchiere o svolgendo le faccende domestiche. Dall’ascolto dei cd e dalla visione del DVD, si percepisce con chiarezza la centralità della voce, che spesso e volentieri sacrifica le esigenze del “bel canto” per incontrare tendenze più ricercate e audaci: “Questa mia voglia di sperimentazione è nata soprattutto dopo aver frequentato dei corsi di dizione, recitazione, canto. Ho appreso a modificare la mia voce conferendole una varietà di soluzioni timbriche, rendendola talvolta grezza, talvolta vellutata”. A questo tratto vocale trasgressivo e dissonante, egli aggiunge modalità espressive incisive e una gestualità scenica sottile, ambigua, influenzato dalle interpreti degli anni ’60 (Mina, Patty Pravo, Rita Pavone) ma anche dai primi cantautori, per i quali l’intonazione veniva spesso e volentieri sacrificata in nome dell’espressività (Gino Paoli ad esempio). Claudio sa bene che nell’area pop anche il “gesto” ha un valore rivoluzionario (da Modugno che si sbraccia mentre canta Nel blu dipinto di blu a Jimi Hendrix che brucia la chitarra a Monterey…) e usa il linguaggio corporeo per accentuare la parola, dandole una dimensione quasi teatrale. Nelle sue lezioni-concerto, Claudio rende comprensibile lo “iato” esistente tra le canzone degli anni ’40/’50 e quelle degli ultimi tempi grazie ad un apparato di spiegazioni ed esempi, correlati anche dai ricordi di interviste realizzate con grandi nomi della canzone. Qui viene fuori la sua attività di giornalista e docente: la capacità “maieutica” di tirar fuori dall’intervistato il significato autentico della sua opera (egli ricorda con particolare affetto gli incontri con Paolo Conte e Mia Martini), l’inclinazione divulgativa che lo rende un narratore appassionato, più che uno storico che impartisce lezioni ex cathedra. Numerosi temi si affacciano nel suo racconto: l’amore, il sesso e la diversa immagine della donna; l’influenza americana che ha rinnovato la composizione e l’immagine pubblica dell’artista; lo svecchiamento e la “sprovincializzazione” della canzone italiana, il plurilinguismo; il cambiamento della musica come arte, divenuta merce di consumo mortificata e involgarita dalla tv; l’avvento della tecnologia e i mutamenti nella produzione e nella fruizione, che condannano la musica ad un’arte “di sottofondo”. Grazie a questa operazione possiamo comprendere il ritmo convulso della contemporaneità, grazie al quale il canzoniere di Battisti e De Andrè è già diventato classico, perfetta sintesi di un’epoca, di tensioni culturali e sociali, di esigenze individuali e collettive di rinnovamento. È qui che si trova il senso più profondo del concetto di “interpretazione”, del “farsi tramite”, medium, tra diverse dimensioni. Non è un caso che a proposito delle lezioni-concerto, Agostino Bacchi abbia scritto: “I suoi recitals mi danno l’impressione del canto e del gesto misterico e mistico dello sciamano guaritore. Musica, canto, gesto, forma, colore per comunicare stati d’animo, cultura”. È così che l’opera di Claudio diventa un potente ausilio “audio-visivo” che completa e arricchisce le trattazioni sulla canzone italiana di autori come Gianni Borgna, Enrico Deregibus, Mauro Ronconi, Mario Bonanno, Ernesto Capasso e Paolo Talanca. Claudio non è un artista improvvisato o sprovveduto, egli esprime un mondo interiore legato al sapere e alla speculazione filosofica, ma come uomo del suo tempo affronta con naturalezza il discorso sulla contemporaneità e divulgativo… Claudio Sottocornola è un “orco” di blochiana memoria: il corpo della canzone è per lui preda succulenta, e con la stessa voracità di sapere e conoscenza con cui lo azzanna e lo gusta, così egli riconsegna al pubblico la sua e la nostra Storia.
Donato Zoppo, “Nota critica a L’appuntamento/collection”, 2008