Luoghi, non-luoghi e cura

di Claudio Sottocornola
Come scrivevo nel numero precedente, invitando i lettori, ho esposto dal 28 maggio al 13 giugno, nella ex-chiesa di San Sisto in Colognola, Bergamo, 250 scatti fotografici sui luoghi della terra, dal mare alle isole, dal Sud all’America, che avevano come punto di partenza il luogo della “cura” per eccellenza, il giardino, tanto che il titolo scelto per l’intero percorso è stato “Il giardino di mia madre e altri luoghi”.

Oggi però si parla più facilmente di “non-luoghi”, perché centri commerciali e snodi autostradali, autogrill e aeroporti, metropolitane e stazioni tendono a configurarsi come un ambito della non-relazione, della non-riconoscibilità, della pura funzionalità strumentale… mentre i cellulari che squillano rimandano a un dialogo distante, che si svolge sempre “altrove”.

I luoghi, come la casa, il giardino evocato dalla mia mostra fotografica, le piazze o le strade che abbiamo percorso con le persone care e gli amici, hanno invece tutt’altra identità: il calore, il senso di familiarità, la confidenza che evocano in noi, dipendono in gran parte dalle associazioni che possiamo effettuare fra la dimensione fisico-spaziale e quella interiore o affettiva.

Ma è anche vero che è molto più facile stabilire tale relazione quando urbanistica e strutture architettoniche risultano “a misura d’uomo”, e permettono l’incontro, la conversazione, il dialogo. Ecco perché è più facile capire l’atmosfera di una città nuova, gustando un caffè in piazza, al tavolino di un bar, o intrattenendosi a chiacchierare col giornalaio, piuttosto che vagando con macchinetta digitale alla ricerca dell’ennesimo monumento da fotografare… Sì, perché l’umanizzazione dei luoghi è la condizione della loro familiarità: finché non li associamo a volti noti, alla memoria e agli effetti, una strada, una chiesa, una piazza… risultano sempre distanti e fredde.

Lo avevano detto e capito, con modalità diverse, i grandi filosofi del ‘900, Husserl e Heidegger, che parlano rispettivamente di “crisi delle scienze europee” e dei limiti del “mondo della tecnica”. Ambedue mostrano che l’approccio tecnico e funzionalistico non può essere del tutto abbandonato, considerati i vantaggi che offre e a cui siamo abituati, ma che, d’altro canto, esso va lasciato maggiormente “sullo sfondo” e ridimensionato, a favore di una considerazione di natura, paesaggio e ambiente – quindi dei “luoghi” che abitiamo – di tipo più interiore, affettivo, memoriale, relazionale.

Il fiume Reno, dice Heidegger, non è solo la centrale idroelettrica che ne sfrutta le acque, ma l’enigma, il fascino e il mistero della sua essenza profonda, che poesia, arte, letteratura, dimensione interiore in genere, percepiscono e colgono con maggiore intensità.

E’ proprio quello che ho voluto dire con il percorso per immagini “Il giardino di mia madre e altri luoghi”, ora disponibile anche in un DVD multimediale, in omaggio (si può richiedere a claudio1759@interfree.it), con possibilità di devolvere un’offerta per il mondo del volontariato, che di “cura” e “relazione” è un grande esempio e motore.

Famiglia in dialogo, giugno-luglio 2010

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