Ti ho veduta attraversare
la città leggera
dei tuoi giovani anni
e chiara nel mattino
operoso
nuovamente incrociandomi
mi avrai diversamente
veduto giacché
dei miei giovani anni
andavo ubbriaco stanco
avevi gli occhi sicuri,
sicuri e fuggitivi,
dicevi “è ora, ora ch’è primavera…
di perdersi, di espandersi…”
ed eri bella e pùlita
nelle forme
pensavo – è questa una
quaresima di lacrime
e d’attese …
stupivo che un’altra stagione
negli occhi tu volevi esser me
ed ora io t’imitavo
tremavo
come nell’acqua stagna
un ramo stecchito
e nudo smuove
una corrente…
fine marzo ’80