Pensieri sparsi tra sogno e realtà
Il libro “Giovinezza… addio” è costituito da una raccolta di poesie che l’autore, Claudio Sottocornola, scrive tra il 1974 ed il 1994, dall’età di quindici anni fino a trentacinque: l’età in cui da adolescenti ci si trasforma in uomini, le idee cambiano in continuazione e, giorno dopo giorno, si vive un mutamento interiore ed esteriore.
L’autore, fin da piccolo, sente il bisogno di esprime i propri sentimenti attraverso svariate forme d’arte: dalla musica, ai collages, alle poesie…,tutto ciò grazie anche allo stimolo familiare datogli dalla sorella maggiore, che come lui sembra avere la passione di scrivere poesie, e scolastico,in quanto il primo maestro d’infanzia ha saputo trasmettergli la passione per i grandi scrittori. Attraverso la poesia e l’arte Claudio riesce infatti ad esprimere le sensazioni e le passioni più intime e ad esternarle, comunicandole al lettore.
La raccolta di poesie può essere paragonata, come suggerisce l’introduzione, ad un album fotografico che mostra come negli anni si cambi e, pagina dopo pagina, il pensiero si evolva: dai temi “semplici” e più immediati delle prime poesie, si passa a poesie più impegnative, con un significato filosofico e, talvolta, di difficile interpretazione e comprensione.
Proprio come attraverso un’immagine fotografica, le poesie rappresentano lo stato d’animo del poeta e la natura che lo circonda, in un’ambientazione dapprima più fantastica, tipica dei ragazzi (ad esempio in “Sogno”), poi in uno scenario più realistico, in cui però non manca quella sensazione di stupore e meraviglia che appare fin dalle prime poesie.
L’autore riesce sempre, attraverso la forza delle parole, a trasmettere i più diversi stati d’animo, da quelli tristi, a quelli più gioiosi a quelli più complessi ed entusiastici (“Born in the U.S.A.”).
Talvolta però il poeta sembra quasi estraniarsi da ciò che ha intorno, rappresentando la realtà che lo circonda in modo impersonale ed oggettivo, senza apparente partecipazione emotiva, come se volesse semplicemente annotare le situazioni che si presentano davanti ai suoi occhi e consentire al lettore una libera interpretazione emozionale, in una sorta di “democrazia estetica”.
In altri passi, invece, l’autore sembra imporci, in un certo qual modo, le sue emozioni, per far sì che il lettore si immedesimi nel suo stato d’animo e apprenda fino in fondo ciò che il poeta prova in quella particolare occasione.
In certe poesie, poi, Sottocornola, partendo da uno spunto autobiografico e personale, allarga il discorso ad un argomento più generale, proponendo interpretazioni filosofiche ed insegnamenti circa la realtà che ci circonda.
Il libro, quindi, è una sorta di diario di viaggio, un viaggio interiore che ogni adolescente compie per diventare un uomo.
Il libro si divide in diverse parti in ognuna delle quali il pensiero dell’autore si evolve, muta, interpretando contenuti sempre più complessi.
La prima parte viene scritta tra il 1974 e il 1976, cioè dall’età di 15 fino all’età di 17 anni, quando un ragazzo inizia a emanciparsi dalla protezione familiare e cerca di orientarsi autonomamente nel mondo attorno a lui.
Questa sezione si intitola appunto “Primi sguardi”: esprime un timido affacciarsi al mondo esterno, cercando di definire, per la prima volta, i sentimenti attraverso le parole; perché,come dicono i versi di una canzone, “la poesia vive nella scelta di una parola giusta”, e la cosa fondamentale, per un poeta, è riuscire a trovare quell’espressione che trasmetta tutto il suo stato emozionale per poterlo comunicare agli altri.
Esempi di questo tipo di poesia sono “Sogno”, l’immagine di stupore di un bambino che vuole esprimere la meraviglia che avverte durante una gradevole fantasia; oppure “Triste gaia”, descrizione di una figura femminile capace di evocare l’immagine di una dolce fatina dell’infanzia.
La seconda sezione, scritta tra il 1976 e il 1979, tra i 17 e i 20 anni, l’età forse più critica per lo sviluppo di un adolescente, esprime forti contrasti dovuti ai continui cambiamenti di pensiero, ed è intitolata “Ricerche”. Esprime una poesia più dura e aspra, non più sognante come quella dei primi attimi. Sembra che in questa fase transitoria, inquieta, il pensiero dell’autore sia condizionato da qualche evento negativo, che si manifesta in pensieri quasi sempre pessimistici. Viene riproposto, ad esempio, il tema del sogno, ma questa volta nella poesia omonima non c’è più il senso di leggerezza della precedente, ma un forte pessimismo che si esplica nella conclusione: “e io voglio morire // da arcade nei giardini / di New York”. Il senso di fatica e sconforto poi è presente anche in “Se volete conoscermi”, lirica in cui Sottocornola si definisce “un albero mite dimesso”, cioè una persona fra tante senza particolari caratteristiche o virtù, ma capace di andare avanti “a dispetto di tutto / e di tutti”.
L’unica poesia in cui mi sembra di cogliere un atteggiamento positivo e ancora sognante, come nelle prime poesie, è “Ritratti al crepuscolo/a Linda” in cui viene ancora evocato il tema del sogno: “E ti ho sognata Linda…”. In questa poesia è come se l’autore si fosse distaccato, per un attimo, da quell’atteggiamento pessimistico e la visione gradevole di una ragazza l’avesse quasi riportato nella condizione “sognante” di quando era adolescente.
La terza parte del libro si intitola “Giorni bianchi”, ed è scritta tra il 1979 e il 1980, periodo successivo alla morte del padre, ma anche consolato da un’amicizia forte e dolce che colma di speranza l’autore. Le poesie infatti cambiano aspetto, non esprimono più insoddisfazione e contrasto, ma sono rasserenanti e trasmettono un senso di pace. Poiché la poesia è specchio dell’anima, ne deduciamo che in questo periodo l’autore, nonostante la forte perdita, stia vivendo un periodo “sereno”, più raccolto, dovuto forse al riaccendersi di un’ispirazione spirituale. Le poesie comunque racchiudono sia la soavità dell’amore sia la paura della morte. Un esempio è “La vita (amore, morte, dolore)” dove l’autore esprime sia la serenità che provoca in lui la visione e il pensiero di una donna amata sia la dolente constatazione che anche su di lei aleggia la possibilità della morte .
La quarta parte si intitola “Preghiera”. Sottocornola esprime qui attraverso la poesia la sua fede religiosa. La fede in Dio e nei santi è vista come rasserenatrice e fonte di speranza, soprattutto nei momenti più cupi e tristi, come ad esempio in “Gesù, mi sento stanco e debole”.
La quinta parte si intitola “Città e musica”. La poesia è più spontanea, il poeta dice di “aver riscoperto il gusto della poesia e di aver vinto la diffidenza che nel frattempo era sorta in lui per la letteratura”. Ora la poesia è espressione dell’ambiente cittadino in cui si trova, l’ispirazione viene direttamente dalla strada, “dall’immersione nella folla”. Due esempi ne sono ”Oh, com’è bella la città” e “Le strade del Sabato”, dove vengono rappresentate due tipiche scene cittadine come dei fotogrammi: infatti viene presentata una descrizione dettagliata di ciò che vede l’autore senza però lasciar trasparire in modo diretto alcun sentimento, e proprio per questo ognuno può provare sensazioni diverse: in alcune si coglie un senso di concitazione e frenesia, per la descrizione della folla e del traffico metropolitano, in altre di calma e tranquillità, come ad esempio in “Passeggiata serale”.
La sesta parte si intitola “Acquerelli”: queste poesie infatti sono una sorta di rappresentazione pittorica di scene che si presentano all’autore in modo lieve e malinconico. Si può notare una certa continuità con la parte precedente, anche se qui il poeta non si limita a descrivere, ma esprime con più evidenza le sue emozioni: la sorpresa di “Che effetto strano”, l’ammirazione in “A Piergiorgio Frassati”, l’energia di “Ariccia ‘92”.
La settima parte si intitola “Cartoon”. La premessa a questa sezione è molto importante in quanto l’autore ci dice che dopo la rinascita spirituale avvenuta in lui all’inizio della giovinezza, che si esprimeva nella sezione “Giorni bianchi”, ora, a distanza di tempo, gli “restava solo il sogno e restavano gli altri e la loro realizzazione”. In questo periodo, come egli stesso dichiara, si appassiona ai segni e ai suoni e la regione dei simboli gli appare il suo luogo ideale. Nelle poesie infatti ora vengono descritti in modo quasi irreale, estatico, i simboli e i miti di quegli anni. Esempio di queste poesie sono “Betty Boop”, poesia dedicata ad un soggetto virtuale, oppure “Biondissima Rita”, dedicata a Rita Pavone, un personaggio del mondo della musica che Sottocornola ammira molto e a cui dedica diverse poesie, probabilmente anche perché, come lui, esprime i suoi sentimenti attraverso l’arte e la canzone.
L’ottava parte si intitola “Moralità” ed inizia con la frase: “Mi accorsi che non si poteva vivere estetizzando la vita, se non al prezzo di perderne il gusto”, e conclude con “bisogna fare il bene”. In queste poesie Sottocornola non si accontenta più di rappresentare la realtà esteriore, ma cerca di definire cosa sia il bene e di far capire quanto sia importante, anche per la propria realizzazione, fare del bene alle altre persone.
Tipiche di questa fase sono “Seminare bene”, in cui prova un senso di serenità e appagamento, dopo aver compiuto buone azioni a favore di altri e “Riconosco”, in cui esprime la sua intenzione di perseguire il bene anche se ammette che è cosa molto difficile.
L’ultima parte si intitola “Pensiero debole”: è scritta negli anni in cui si rende conto che la giovinezza è ormai svanita – ora è un uomo già affermato – e si dice nonostante tutto contento della sua giovinezza, in quanto l’ha portato “alla fede ed alla convinzione che, comunque, non si può rinunciare ad amare”. Queste poesie, in accordo col titolo della sezione, non sembrano seguire un preciso filo logico, al contrario di tutte le altre parti del libro, ma sembrano considerazioni distaccate, pensieri sparsi che si formano nell’autore a seconda della situazione in cui si trova; ne sono esempi “Visita alla famiglia Pavone-Merk”, descrizione dell’intervista rilasciata dalla cantante che Sottocornola considera un suo idolo o “La rettoscopia avviata”, da cui nasce una più vasta considerazione sulla quotidianità e sul limite della condizione umana.