Scuola di note

Michele Fumagallo

L’artista bergamasco ha pubblicato il libro e cd «Giovinezza… Addio – Diario di fine ’900 in versi». All’interno una ricerca su venti canzoni italiane, dalla Caselli a Venditti

«La musica è inspiegabile. In ultima analisi, incomprensibile. Ma è possibile insegnare come aprire le porte al rapimento. Si può e si deve. Insegnare la musica ai giovani è un dovere etico». Sono parole di Riccardo Muti in occasione delle sue recenti polemiche sullo stato dell’educazione musicale in Italia. Il musicista poi prosegue: «Credo che la didattica di base della musica, negli ultimi decenni, sia stata volenterosa ma fondamentalmente sbagliata. Diciamo la verità: certi infami pifferi messi a forza tra i denti degli scolari, con quegli strazianti miagolii che si sentono a volte uscire dalle finestre delle scuole, finiscono per farla odiare, la musica, a un ragazzino. Non credo neppure che sia necessario insegnare a leggere lo spartito, un esercizio tecnico dispendioso e inutile per chi poi non farà il musicista di professione». Citiamo queste parole di Muti non tanto per mettere in evidenza lo stato disastroso dell’educazione musicale in Italia, ma per andare a vedere chi, nel frattempo, si dà da fare. E sono in tanti, naturalmente in gran parte al di fuori dell’ambito scolastico.

C’è, dentro la provincia italiana, se solo si avesse la voglia di andare a scavare, una tale ricchezza di talenti che la storia delle arti (della musica in questo caso, ma vale per tutte le espressioni artistiche) prenderebbe un’altra direzione. E non solo: lo stesso rapporto pedagogico (brutta parola) tra talenti in espansione e quelli in erba aprirebbe porte del tutto inesplorate allo sviluppo dell’educazione musicale nel nostro paese. Se solo, appunto, uno volesse andare a vedere e a scavare. Ci sono talenti di tutte le tendenze e di tutti i tipi, alcuni legati all’impegno (o cosiddetto impegno), altri legati al disimpegno (o cosiddetto disimpegno). Chi interpreta canzoni altrui e ne compone di proprie. Chi canta e suona per animare le feste di piazza nei paesi o nei quartieri delle città. Chi provoca gli amici con la sua esibizione nei circoli e centri sociali. Chi ha passione musicale da vendere con i piccolissimi e piccoli delle scuole elementari con cui mette in atto sperimentazioni a volte geniali. Chi usa i piano bar e i locali non come passatempo o soltanto per racimolare qualche euro, ma come vere scuole di sperimentazione di musica e canzoni (spesso nuove tendenze del teatro-canzone). E ci sarebbe, poi, da mettere le mani nei vari scritti di questi talenti: a volte vere e proprie scomposizioni e rifondazioni della critica musicale.

C’è, infine, la ragnatela di artisti totali che operano mischiando non solo i generi musicali, con sperimentazioni di vocalità a volte davvero grandi, ma intrecciando le varie espressioni artistiche (musica, arte, poesia) con un uso davvero interessante delle note musicali. Il caso di Claudio Sottocornola, bergamasco, è uno di questi. L’incontro soprattutto con gli studenti (essere insegnante evidentemente resta una missione per alcune persone) che Sottocornola tiene da molto tempo, non è solo la continuazione di un tour fatto per lo più di lezioni spettacolo in concomitanza con l’uscita del suo libro musical-letterario Giovinezza… Addio – Diario di fine ’900 in versi (libro più cd con interpretazioni di 20 canzoni), ma di un lavoro particolare che questo cantante-poeta-filosofo-appassionato di teologia porta avanti da molto tempo. Precisamente dalla seconda metà degli anni Settanta con la ricerca poetica, e poi con l’incursione e il lavoro certosino di indagine in ambito musicale sull’interpretazione soprattutto della canzone italiana (ma non solo) pop, rock e d’autore. E il rapporto scuola-musica può non solo arricchirsi, se personaggi e cantanti (e insegnanti) come Sottocornola continuano la loro missione artistica, ma fare da battistrada affinché la scuola diventi finalmente in Italia una cosa matura e ricca nel rapporto fondamentale con la musica, così come del resto vanno predicando da tempo fior di musicisti come il già citato Riccardo Muti, Uto Ughi, e tanti altri. Ma cosa ne pensano gli studenti delle sue performance, ovvero delle sue «lezioni di canzoni»? «All’inizio gli studenti restano un po’ sorpresi – racconta l’artista-insegnante –, sono più abituati ad analizzare L’infinito di Giacomo Leopardi che una canzone di Ligabue. Restano come disarmati, anche se io cerco di far comprendere che non esiste una cultura alta e una bassa. Che mentre oggi ricordiamo l’Ottocento per il Romanticismo, ricorderemo una parte del Novecento per il cinema, gli spot pubblicitari e la canzone. Nella seconda metà del Novecento, del resto, l’arte non ha più un committente, ma nasce dall’incontro con le masse».

L’interdisciplinarità di Claudio Sottocornola, un mix di filosofia, poesia, teologia, musica e immagini, porta questo autore cinquantenne a rifiutare il marasma e la superficialità odierna, e a inoltrarsi nei sentieri di una personale controcultura. Claudio Sottocornola, che prende anche il nome di Claude negli incontri-recital-concerti, ha al suo attivo tre studi che sono diventati anche 3 cd: L’appuntamento (2004), L’appuntamento 2 (i classici) (2005), L’appuntamento 3 (Ma l’amore no: quaderno delle origini) (2005). Tre cd, ma meglio sarebbe chiamarli tre studi sulla voce che, realizzati in un arco di tempo che va dal 1994 al 2001, rappresentano una riflessione e una interpretazione avvincente della canzone pop e d’autore italiana. «Spero di aver acquisito la grande lezione della canzone moderna (vedi Battisti) – racconta l’autore –. Sembra banale dire che ciascuno deve cantare con la propria voce, ma non lo è. Perché la sfida vera del canto non è il ‘bel canto’, ma il precario equilibrio che si realizza dal punto di vista espressivo nella persona quando canta e che si avverte nella voce o nella gestualità scenica. La voce come rivelazione, insomma, come cassa di risonanza dell’essere».

Ma l’artista non si ferma a contaminazioni che non sarebbero complete se non abbracciassero il figurativo e l’arte pop in molte varianti, ed ecco che la mostra e il dvd 80’s/Eighties esprime in 40 collage giovanili d’autore il suo pensiero sugli anni Ottanta del secolo scorso in un percorso tra Ornella Muti e Bruce Springsteen, Sandra Milo e il digestivo Antonetto, i divani Chateau d’Ax e Brooke Shields, intrecciati con pensieri e divagazioni di Picasso e Gauguin, Piero della Francesca e Botticelli. Senza dimenticare L’appuntamento/The Video e il libriccino pubblicato nella collana Lavoro-dopo della Camera del Lavoro di Bergamo, l’intreccio musical letterario dell’odierno Giovinezza… Addio – Diario di fine ’900 in versi conclude una fase. Raccoglie il corpus poetico di vent’anni di poesie e lo studio-interpretazione su venti canzoni italiane che vanno dalla Nannini di Meravigliosa creatura al Modugno di Meraviglioso, dalla Pravo di Se perdo te al Ruggeri di Portiere di notte, dal Dalla di Caruso alla Caselli di Insieme a te, dal Martino di Estate al Venditti di Ogni volta. Dice l’autore a proposito di quest’ultima fatica: «Ho voluto proporre una specie di romanzo di formazione, un viaggio verso la maturità, sullo scenario di una fine di secolo e di millennio. In fondo i collage di 80’s/Eighties e le mie poesie presentano un’ispirazione analoga. Rifiuto qualsiasi distinzione tra cultura alta e bassa, hanno entrambe un valore e hanno entrambe qualcosa da insegnarci; diciamo che mi piace inoltrarmi con una full immersion nel quotidiano e nel metropolitano». «La mia ricerca – continua l’autore – è una fusione di cultura pop ed ermeneutica, la filosofia basata sull’interpretazione dei fatti, non sull’oggettività scientifica. Ripercorrendo in versi poetici quelli che sono stati i decenni finali del Novecento mi illudo di attraversare il Secolo Breve in forma non eroica, perché per me il Novecento non è stato un secolo di eroi e storia con la s maiuscola, ma un secolo di musica, letteratura, cinema, sottoculture, teologia, pubblicità e fenomeni di consumo di massa».

Claudio Sottocornola ha molte emozioni dentro di sé, che si nutrono del Michael Jackson del concerto di Milano e di personaggi virtuali entrati ormai da tempo nell’immaginario collettivo come Betty Boop o Jessica Rabbit. E l’autore non dimentica mai di essere un insegnante in un’epoca e una nazione che maltratta più che volentieri la musica in ambito scolastico. «Mi piace l’idea di far passare cinquant’anni di poesia e note davanti agli occhi dei ragazzi, fin dentro il cuore, all’insegna di un ‘fare memoria’ che approda al presente”.

Michele Fumagallo, Alias n.50, 19 dicembre 2009

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