Mario Bonanno

Scrutare fra le meta-significanze

Scrutare fra le meta-significanze della notte senza scadere nelle stereotipie – la luna, i sogni, gli innamorati, i gatti sui tetti – è un rischio da correre soltanto se provvisti di muscoli (mentali) allenati all’alterità. Per dirla con il filosofo russo Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, per chi sa andare oltre le apparenze, la notte “si hanno rivelazioni che il giorno ignora”. Cosa rivelano dunque gli scatti di Claudio Sottocornola, al netto persino del loro aspetto formale? Della loro ostentata apparenza scrausa, grezza, da cellulare passato di moda (un vecchio Nokia). Per meglio accreditare le sue teorizzazioni sull’atto di vedere, Wim Wenders ha scattato centinaia di foto con vecchie Polaroid: paesaggi urbani, interni/esterni, si trova eternato di tutto nel volume che è riuscito a ricavarne (Polaroid Stories). Per libera associazione Sottocornola mi rimanda agli scatti del regista: la forma liberata del proprio sinolo, quasi una trascensione della sostanza. Una marina meridionale diventata pittorica, oltremondana. La distesa a perdere di alberi e selciato abbagliata dal sole di un lampione. Sagome scontornate che deambulano (o corrono o si inseguono o festeggiano) in un buio sbieco, fuochi fatui di una periferia rivelante contorni metafisici. Villette anni Sessanta e nuovi condomini a sorvegliare il confine oltre il quale Bergamo diventa interzona, ponte affacciato su margini di memorie e ipotesi di futuro; impasto suggestionante di ciò che è stato e non è del tutto. La poetica immaginifica di Claudio Sottocornola – segnatamente anti-didascalica, volutamente insistita, quasi ossessiva – parla una lingua liquida, declinazione di girovagare interiori, serotini, di focus giocoforza parcellizzati: le realtà urbane smarginate in (dis)percezioni sottili: il tempo, il silenzio, il vuoto che una notte destituita dall’enfasi (ne Il pensionato Guccini sintetizza mirabilmente col notturno “tic tac di sveglia/ che enfatizza ogni secondo”) si disvela nuda davanti l’obiettivo – nudo a sua volta – dell’autore (prima ancora che fotografo). Una dimensione spaziotemporale frammentata e ricompattata di continuo (strade-onirismi-edifici-trascensioni-battigie-morgane), stazioni di un itinerario ontologico insonne e lucidissimo.
Mario Bonanno*
* Autore di libri sulla canzone italiana d’autore e articoli di critica musicale e letteraria. Suoi articoli sono apparsi, tra gli altri, su Anna, Duel, Diario, Left, e sulle pagine culturali del quotidiano Il manifesto. Ha fondato e diretto il periodico Musica & Parole. Attualmente collabora con Avvenire e La Sicilia e le testate online Sololibri.net e Mescalina.it.

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