(V)

La quiddità – il determinato, il qualche cosa, ciò che ogni realtà è – ci sprona ad accettare, gli ambienti, le persone, l’aria, le cose intorno a noi… che invece spesso disprezziamo, ignoriamo, mortifichiamo, persi dietro al sogno di un altrove che – legittima figura della speranza e del sogno – non deve però mai offuscare la bellezza del paesaggio reale, del concreto storico in cui ci muoviamo, viviamo, agiamo. “Restare” nell’amore del “qui ed ora”, vuol dire cogliere l’intensità dell’attimo che lo attraversa, venerare la memoria che in esso si manifesta e deposita, lavorare perché ciò si traghetti nell’eterna bellezza di quel che resta, e cresce fruttificando in preziosa eredità per chi ancora deve venire.

Gli eterni, dichiara Severino… E comunque la postazione di ricezione e manifestazione dell’essere che – dal filo d’erba al Papa – ciascuno di noi è, ciascuna entità è, e che cogliamo nel quotidiano svolgersi, val più di tutte le ambizioni e le fughe di questo mondo cinico, freddo, competitivo, che non sa più affermare e manifestare la vita. Le vecchie librerie, i caffè, i fruttivendoli e i giornalai di qualche anno fa erano – loro sì – gli ambiti di una manifestazione dell’essere nella sua quiddità ambientale, caratteristica e corale, unica, che oggi è più difficile – se non impossibile – cogliere nei grandi centri commerciali, nei quartieri disertati dai passanti, nelle anonime strade ingolfate di traffico e automobilisti in lotta fra loro, ma che noi dobbiamo ostinarci a decifrare e realizzare.

Di quanto essere siamo ancora capaci?
Di quanta quiddità?

Tuo padre. Tua madre. Il tuo quartiere. La tua città. Questo treno. Questa scuola. Quella telefonata. Quel biglietto d’auguri. Quel messaggio. Il freddo che mi attraversa ora. Il sogno che verrà. L’attesa che mi annoia. Il citofono che squilla. Il PC che si spegne. Questo sonno, questo lutto, questa sveglia. E la giornata, questa giornata che non vorrei, e che devo amare, abbracciare, trasfigurare in un sacramento della gloria di Dio. La quiddità come luogo della gloria.

Ne siamo ancora capaci, o stiamo solo aspettando il prossimo volo low-cost?

C.Sottocornola, I trascendentali traditi, 2011

I commenti sono chiusi.