Beatrice Purita

L’inciampo di uno Charlot sul sentiero della vita
Improvvisarsi critici letterari non è facile. Specialmente se si tratta di poesia. Se poi quella poesia ha il volto del mio professore di storia e filosofia, ogni parola detta può diventare ruga, cicatrice , può mistificare ed occultare. Ma ho deciso di non preoccuparmene. Ho deciso di fare un atto di fede: avvicinarmi in punta di piedi sul terreno di un’anima (e poesia è per me essenzialmente il suono dell’io, un’orchestra di sentimenti) con quello stesso passo che durante la mia esperienza liceale mi ha permesso di amare a fondo la scrittura letteraria ed in particolare quella in versi…un amore che continua tutt’oggi, anche se la scelta universitaria che ho compiuto è stata differente. E allora spero di non fare un torto al mio professore nel dirgli di essermi imposta di cancellare i tratti del suo volto ed il tono della sua voce nel momento in cui ho iniziato a scorrere le pagine del suo libro “Giovinezza…addio”. Perché chiudere gli occhi mi aiuta. Poesia è il canto, il grido, il silenzio di un io poetante, senza occhi né bocca. E’ intangibile, trasparente. Solo così può farsi volto e voce, canto o silenzio di chi scorre con le dita le pagine fitte di versi e ascolta parole che potrebbero essere sue. Forse scrivo questo perché amo particolarmente Ungaretti…ma credo davvero che la poesia sia espressione di un’ istanza unanimistica, il suono di una anima che diventa dell’anima, di un foglio scritto senza firma, di un poeta che è solo e semplicemente un uomo.
Chiudendo gli occhi ho capito che il mio prof, mi correggo, che quest’uomo , sia animato dallo stesso bisogno di esprimere, di dire, di gridare sottovoce l’esperienza di vita, l’inciampo di uno Charlot sulle incertezze di un sentiero tortuoso…quella stessa esigenza che a volte prende anche me. Ed è interessante notare come su di una pagina di segni allineati si celino le sfumature di un percorso, di un momento sfuggente, o magari di una riflessione maturata per anni.
Giovinezza, fede , musica, immagine. Ma soprattutto tante domande. Sono le aree semantiche a mio parere più ricorrenti nel fare poetico di quest’io malinconico. Ma per me rappresentano anche l’eco di una cattedra e di un piccolo pubblico di ascoltatori con le gambe accavallate ed i gomiti appoggiati goffamente sul banco . Specialmente prevale il ricordo del bisogno di interrogazione, di dare alla vita un colore acceso mediante lo slancio critico. Emerge anche da una sola poesia il ritratto caratteriale, che non posso non filtrare con la mia esperienza scolastica. Quell’approccio problematico, dal sapore quasi esistenzialista, nell’affrontare le lezioni, quelle domande aperte nei colloqui orali, per lasciare libero campo alle capacità rielaborative degli alunni. Tutto converge, tutto torna ed è condensato in pochi versi. E’ la scuola che si fa pagina di vita.
E così il prof diventa, anche se solo per poco tempo, mio compagno di banco. Prende una sedia accanto alla mia ed apre un libro. E iniziamo a discutere. E i ruoli non esistono più. C’è solo la libertà, amata e temuta, solo domande e poche risposte. Come tanti ragazzi, anche lui, il mio prof., non sempre ha in tasca una risposta.
Sfogliare le pagine di questo scritto, mi dà il potere di percorrere il tempo a ritroso, di interloquire con un foglio su cui sono cascate delle parole, di interagire con un fanciullo che è poi diventato l’uomo maturo che ho conosciuto per una frazione della
mia vita e che mi ha insegnato.
I libri hanno questo straordinario potere: fanno volare uno sciame di parole, solo apparentemente fissate sulla pagina. Ma non sono affatto immobili. Corrono attraverso le generazioni, sono come una bottiglia lasciata alle onde del mare per giungere su altri lidi. Scorrendo queste pagine ho conosciuto il lido degli anni Sessanta e Settanta di un ragazzo del liceo poi subito ventenne, capace di una percezione che a quell’età, la mia, non t’aspetti.
I flash delle luci, le immagini pubblicitarie, il suono di una clarissa, il gesso di una lavagna…tutto è recepito e rimescolato in forma poetica e lascia tracce sul sentiero di un animo solo apparentemente in formazione.
E così mi immagino il mio prof, con un accenno di barba … la Tv appena accesa e forse sintonizzata su Canzonissima , magari con un libro di letteratura americana appena chiuso sul comodino…insomma un ragazzo come tanti ma che credo come pochi abbia saputo interrogare l’esistenza fin dal principio.

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