Andrea Passera

Il giardino di mia madre”

La mostra fotografica “ Il giardino di mia madre e altri luoghi” è divisa in più sezioni:
Interno,
Il giardino di mia madre,
La neve,
Back to the 70’s in U.S.A.,
Archeo,
Sud,
Isole,
Paradise lost,
Rome 2007,
Tramonti a Nord-Est.
In queste sezioni scorrono immagini riguardanti la vita di Claudio Sottocornola; sono di carattere diverso, riguardano il giardino della casa della sua infanzia o vedute di Bergamo durante l’inverno con una neve “grigia”, la vita passata in America o la visita a siti archeologici, quali Pompei o Ercolano, e ad alcune isole, la visita a Roma nel 2007 oppure tramonti incontaminati.
Questa mostra e slide-show è accompagnata da una musica di sottofondo molto rilassante, che scandisce il tempo, quasi a rappresentare periodizzazioni del “viaggio” compiuto da Claudio; le immagini costituiscono il ritratto di una persona, coinvolta in molte attività, e servono a dare una descrizione dell’ambito familiare in cu si muove. Qui non viene sviluppato l’aspetto professionale, ma quello umano, con le relazioni e le emozioni che il primo ruolo non permetterebbe di percepire.
Questo percorso è stato molto significativo, poiché è riuscito ad indagare ambiti che non saremmo altrimenti stati capaci di scoprire, emozioni che non sarebbero emerse. Ad esempio, dietro le immagini del giardino c’è un forte valore simbolico che Claudio ha voluto mettere in evidenza, e cioè il ricordo di sua madre. Molto spesso ci accorgiamo che le cose semplici, quando viene a mancare una persona a noi cara, sono le più importanti: l’abbraccio, un saluto o addirittura una parola sincera e di affetto… Ed è quello che con queste immagini l’autore è riuscito comunicare.


Trieste

(da Trieste e una donna, 1910-12)

Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

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